L’incontentabile: Non mi sono entusiasmato, ma il coro (della Radio Svedese) è una meraviglia, se poi smussasse qualche spigolo, sarebbe la perfezione.
A: Sì, il coro è stato ottimo. Hai notato lo strano effetto di risonanza (tipo cassa armonica) che riuscivano a creare? Io non l'avevo mai sentito prima.
L’incontentabile: Abbado è strano, fa benissimo certe cose (l’Oro supplex, alla fine del Confutatis) ma sembra distratto nell’unico pezzo tutto scritto da Mozart, l’Introitus, e poi inserisce Sanctus e Benedictus che sono bruttini e sproporzionati, uno cortissimo l’altro lunghissimo, e quella fuga sull’Osanna cui hanno messo mano un po’ tutti e non si capisce più cosa sia. Non è stata un’interpretazione particolarmente intensa…
A: Sul non particolarmente intensa sono d'accordo: è come se Abbado guardasse a una certa distanza senza esser mai lasciarsi troppo coinvolto dalla musica, carenza d’immedesimazione o poca emotività (se non in qualche raro momento, come nel Lacrimosa)...
L’incontentabile: Ma tutto sommato, la sua non è una lettura solenne e questo può bastare. La perfezione sarebbe un’esecuzione intensa come quella di Bernstein e raccolta come quella di Abbado.
A: Cosa ne faresti del Sanctus e del Benedictus che non contengono neanche una riga mozartiana?
L’incontentabile: Semplicemente li ometterei, conseguendo così due scopi: non eseguire due pagine decisamente deboli e stilisticamente lontane dal resto (per motivi, questi si, opposti); restituire un’immagine di incompiutezza di cui chi ascolta tende ormai a non essere più consapevole. Il luogo vero in cui il Requiem esiste è nell’abbozzo. E quella versione che è in grado di farci scoprire quanta violenza, quanto stupore e quanta dolcezza ci sia già nel frammento, è la più vicina all’ideale: ascoltare il Requiem dentro di sé, interiormente, seguendo solo ciò che Mozart è riuscito a scrivere nell’incompleta partitura.
Qui un link per farsi un'idea del torso
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