sabato 31 maggio 2008

Composizione e sperimentazione nel rock britannico 1967-1976

Atti del convegno del 2005 tenuto alla Facoltà di Musicologia di Cremona, che si è articolato in 6 momenti:

  • Il paesaggio culturale
  • Nuovi strumenti e nuove tecnologie
  • Tecniche compositive
  • Poesia e canto
  • Workshop: Le procedure compositive nei gruppi progressive rock
  • Tavola rotonda: Le procedure compositive all'incrocio tra i generi


Introduzione di GIANMARIO BORIO - SERENA FACCI


martedì 27 maggio 2008

Händel e Bach, Bach o Händel?

Anselm Gerhard (Università di Berna, Svizzera)


Händel e Bach, Bach o Händel?
L’idea di «monumento musicale» e la «riscoperta» della musica barocca nell’Ottocento europeo


1. L’idea di «monumento musicale» e il paradigma contrappuntistico fra Sette e Ottocento
Mercoledì 28 maggio, dalle 15 alle 17
2. Fra Palestrina e Pergolesi – «Die alten Italiäner» e il Romanticismo tedesco
Mercoledì 28 maggio, dalle 17 alle 19
3. Il giovane Händel e la «vieille France». La riscoperta di Händel nella Francia controrivoluzionaria
Giovedì 29 maggio, dalle 9 alle 12
4. La diffusione di Bach in una Germania alla ricerca della sua identità protestante
Giovedì 29 maggio, dalle 15 alle 17
5. «I difetti dello stile händeliano» – Il concetto dell’elaborazione tematica come paradigma qualitativo
Giovedì 29 maggio, dalle 17 alle 19



Letture consigliate per la preparazione:
Elisabetta Pasquini, «L’esemplare, o sia saggio fondamentale pratico di contrappunto». Padre Martini teorico e didatta della musica («Historiae musicae cultores», 103), Firenze: Olschki 2004 – Capitolo «La struttura e il contenuto» (pp. 39–59) anziché gli estratti dalle prefazioni (pp. 76–82)
Wilhelm Heinrich Wackenroder, Das merkwürdige musikalische Leben des Tonkünstlers Joseph Berglinger [1797], Erstes Hauptstück [primo capitolo]; diverse traduzioni italiane, ad esempio Scritti di poesia e di estetica, a cura di Federico Vercellone, Torino: Bollati Boringhieri 1993.
Wilhelm Heinrich Wackenroder [und Ludwig Tieck], III. Von den verschiedenen Gattungen in jeder Kunst, und insbesondere von verschiedenen Arten der Kirchenmusik [1799], diverse traduzioni italiane, ibid.
Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, Alte und neue Kirchenmusik [1814]; traduzione italiana in: Hoffmann, Poeta e compositore. Scritti scelti sulla musica, Fiesole: discanto 1985.
Alberto Basso, Frau Musika: La vita e le opere di J. S. Bach, Torino: Edt 1979 – Capitolo «L’asse ereditario» (vol. I, pp. 14–100)
Questo libro è disponibile anche in forma elettronica

giovedì 22 maggio 2008

Lontano dalle onde del tempo

Johannes Brahms, Album Letterario
o Lo Scrigno del Giovane Kreisler
Ed. orig. 1909, a cura di Artemio Focher, pp. 207,
€ 16, EdT, Torino 2007.

Quattro quaderni, uno dei quali intitolato Lo scrigno del giovane Kreisler, riposarono per una cinquantina d’anni finché non furono dati alla stampa nel 1908, a cura di Carl Krebs. Ora l’album letterario viene reso disponibile nell’edizione di Artemio Focher, contraddistinta dal rigore al quale lo studioso ci aveva già abituati con le traduzioni e curatele di classici della letteratura beethoveniana (Breuning, Grillparzer, Wegeler e Ries). Focher, docente di letteratura tedesca alla Facoltà di Musicologia di Cremona, rintraccia (quando possibile) il testo originale, integra e rettifica Krebs, costituendo un utile apparato critico.
Lodevole la pubblicazione di un’opera poco diffusa, che non ha conosciuto traduzioni, fino a quella inglese del 2003 (Pendragon Press, Hillsdale NY).
Sembra cucita addosso a Brahms, lettore appassionato fin da giovanissimo, la massima di Erasmo da Rotterdam: «Quando ho un po’ di denaro compro libri, e se avanzano soldi, cibo e vestiti». Sorprende la sua voracità culturale, attribuita al desiderio mai sopito di colmare le lacune dell’incerta educazione ricevuta, quasi obbedendo all’esortazione, anonima, che registra nel florilegio: «Metti per iscritto tutto ciò che senti essere divenuto vero in te, foss’anche solo una reminiscenza».
Unica prova scrittoria che si conserva (oltre a qualche lettera), l’antologia raccoglie le frequentazioni letterarie risalenti agli anni 1853-54. Le citazioni, seguendo l’ordine delle letture, sono riunite in modo casuale: per scrittore o per argomenti, alcune epigrammatiche, altre estese.
Brahms accorda la sua preferenza alle liriche di poeti minori, spesso intonate nei Lied: soltanto più tardi farà l’incontro con lo Shicksalslied (Canto del destino) di Hölderlin e con la goethiana Harzreise im Winter (Viaggio d’inverno nello Harz). Tra musicisti, poeti, filosofi, politici, pedagogisti, l’eclettismo erudito di queste letture è la testimonianza di vasti interessi culturali.
Le citazioni racchiuse nello Scrigno sono principalmente di autori romantici e preromantici: vera e propria “antologia palatina” di un’epoca. Ricorrono poi letture comuni fra i musicisti: il contatto tra Brahms e Beethoven risiedeva nell’attenzione prestata a Schiller, Klopstock e Goethe, mentre condivideva con Schumann la predilezione per Jean Paul e con Schubert e Mahler l’interesse per Friedrich Rückert. Tra gli autori più presenti appaiono Novalis, Lessing, i fratelli Brentano (Bettina e Clemens), Chamisso, Eichendorff, Wackenroder, Uhland, in aggiunta ad altri letti in traduzione, tra cui Cicerone, Dante, Tasso, Shakespeare, Diderot e Byron.
Lo Schatzkästlein è solo parzialmente specchio degli interessi di Brahms perché, come ritiene Kurt Hofmann (Die Bibliothek von Johannes Brahms), egli riportava principalmente stralci di opere che non possedeva. Questo spiega l’assenza di E. Th. A. Hoffmann (la cui importanza s’intuisce fin dal rimando del titolo al giovane Kapellmeister Kreisler del titolo) e della Bibbia, letture che lo accompagnarono per tutto il corso della vita.
L’album cela un autoritratto: il compositore si specchia negli autori che trascrive, ed essi riflettono, a loro volta, la figura di chi li ha scelti, a maggior ragione perché spesso i testi sono interpolati con apporti personali. Brahms è sensibilissimo alle problematiche religiose e morali; tuttavia il tono generale delle citazioni, con i continui richiami a una vita morigerata, non è del tutto alieno da una certa retorica Biedermeier. Prontuario poetico per lenire i dolori dell’anima, lo Scrigno affianca a questa funzione autoconsolatoria l’immagine di un uomo ideale al quale Brahms sembra continuamente tendere.
Niente è stato più frequentemente colorito dai biografi del temperamento malinconico dell’inventore del motto F.a.e., acronimo di Frei aber Einsam (“libero ma solo”; tradotto in note musicali significa fa-la-mi, ed è il titolo della Sonata omonima per violino e pianoforte) coniato per l’amico violinista Joseph Joachim, ben s’addice anche a Brahms, perché questi appunti svelano un rapporto tutt’altro che sereno con la solitudine.
«Viviamo nell’era dei musicisti scrittori. Invece Brahms non scrive», osserva Philipp Spitta nel 1892, intendendo dire che egli non amava diffondersi sulle sue composizioni. Nell’album troviamo una conferma: i passi di argomento musicale sono presenti in misura inferiore agli altri e spesso inseriti − osserva Focher − in un contesto poetico-letterario (come nel frammento 241: «Anche lontano dal mare la conchiglia echeggia del mugghiare delle onde, e così anche all’autentico musicista, pur lontano dalle onde del suono, risuona il suo intimo come musica»). Gli scritti di estetica sono comunque testimoni di un’attenzione particolare per il compito spettante all’artista, quasi un imperativo categorico: «Anelate a un’unica cosa: conciliare l’arte con la vita! Realtà ed ideale mai più incedano separati» (Collin).
Il consiglio è di eleggere lo Scrigno a livre de chevet, giacché, con la sua natura frammentaria, si presta agevolmente a una lettura discontinua, inseguendo magari il fil rouge di una tematica o di un autore prediletto.
Benedetta Saglietti

L’Indice dei libri del mese, Maggio 2008, Anno XXV, n. 5, p. 34

lunedì 19 maggio 2008

Il Valzer delle Camelie, di Emilio Sala

Presentazione-concerto de


Giorgio Pestelli e Susanna Franchi incontrano Emilio Sala

Interventi al pianoforte di
Gian Francesco Amoroso


Venerdì 23 maggio, ore 18
Circolo dei Lettori Via Bogino 9, Torino

Intervista all'autore, a cura di S. Bestente

Liberamente tratta da Leggìo (n.15), EdT Musica

Da quello che possiamo leggere nel "Preludio" del suo libro, tutto ha avuto inizio nelle soffitte dell'Opéra Garnier di Parigi...

Sì. Stavo conducendo le ricerche per un precedente libro, e negli scatoloni che contenevano le parti orchestrali di alcuni "teatri di boulevard" che erano fi nite, non si sa ancora attraverso quale percorso, nell'archivio dell'Opéra, ho trovato una singola parte, quella dell'oboe, delle musiche di scena originali della Dame au camélias di Alexandre Dumas figlio; quello ha costituito il primo germe del Valzer delle camelie. È molto probabile che il motivo per cui quella musica era lì derivasse dai grandi lavori di Haussmann, che nei primi anni '60 dell'Ottocento aveva sventrato quello che veniva chiamato il "Boulevard du Crime", con conseguente dispersione degli archivi musicali. Nei giornali dell'epoca, per esempio, più di una volta si sottolinea come al mercato di Les Halles si incartasse il pesce con le carte da musica che provenivano dal teatro de la Gaîté o della Porte Saint Martin. Molte di queste carte, tuttavia, sono sopravvissute al disastro e sono finite in quello che fino ad alcuni anni fa era l'archivio dell'Opéra Garnier.

Che cosa erano i teatri di boulevard. Li può descrivere?
La gran parte delle pièces che ho analizzato venivano rappresentate nei teatri del "Boulevard du Crime", come veniva comunemente chiamato il Boulevard du Temple per la quantità di delitti che venivano rappresentati sulle scene dei suoi tanti teatri. Era uno dei luoghi fondamentali del "mito di Parigi" - per usare il termine di Giovanni Macchia - di quegli anni; per immaginarcelo bisogna pensare a quello che si vede nel film Les enfants du paradis di Marcel Carné, a quella promiscuità sociale, a quella vera e propria folla nel senso metropolitano, come la si può trovare negli scritti di Baudelaire; è un'esperienza che è stata commentata da Verdi, in una famosa lettera del 1847, come effetto di spersonalizzazione dello scenario metropolitano moderno: «là si trovano amici, nemici, preti, frati, soldati, spie, stoccatori»; anche questa è un'esperienza che ha un riscontro nella drammaturgia musicale verdiana. Si pensi all'episodio del "Bue grasso", nell'ultimo atto della Traviata, assente nella pièce di Dumas. Il Bue grasso non era un antico rituale, ma una vera e propria moda degli anni '40. D'altronde, il desiderio di aggiornamento di Verdi è testimoniato da innumerevoli indizi: nelle lettere da Parigi, soprattutto in quelle alla contessa Maffei, commenta molte delle pièces dei teatri di boulevard. Si tiene aggiornato su tutto, e quando non può essere presente di persona utilizza degli informatori.

Che ruolo rivestiva la musica in queste pièces?
Non era una presenza "decorativa" come succedeva in Italia negli stessi anni (dove era normale ascoltarla come interludio fra gli atti, o per un brindisi in scena, una serenata o simili); a Parigi svolgeva una vera e propria funzione drammaturgica. Quella parte di oboe suscitò in me un particolare interesse, poiché rappresentava l'unica testimonianza rimasta della musica d'accompagnamento della pièce di Dumas, che aveva ottenuto un enorme successo, con centinaia e centinaia di repliche. Non possediamo una prova certa, ma, attraverso tutta una serie di riscontri indiziari incrociati che fornisco nel libro, sembrerebbe più che probabile ipotizzare la presenza di Verdi a una di queste repliche.

Di chi erano queste musiche?
Era usanza che le musiche di scena fossero composte dal cosiddetto chef d'orchestre, che spesso era anche il primo violino. In questo caso si chiamava Edouard Montaubrie. Dumas, nella prefazione alla seconda edizione del libretto della pièce, ne loda in particolare il cosiddetto "motivo di riminiscenza": il motivo che si ascoltava durante la morte "per consunzione", cioè di tisi, della protagonista, Marguerite Gautier. Dumas dice che il motivo di reminiscenza che Montaubrie aveva pensato di far echeggiare durante la morte di Marguerite rappresentava un ricordo "de la vie folle qui s'exhalait", la "vita folle che evaporava". Allora, siccome c'era un evidente riscontro con la morte di Violetta nella Traviata, ho cercato di ricostruire il sistema rappresentativo e musicale che si trova alla base di una serie di pièces che mettono in scena la morte di un'ammalata di tisi. Ho quindi svolto una sorta di "ricerca sul campo", quasi di tipo etnomusicologico, per ricostruire l'immaginario sonoro della morte "per consunzione" nei teatri di boulevard dei primi anni '50 dell'Ottocento. Sottolineando come in tre soggetti che poi avrebbero avuto una grande fortuna anche operistica si possano ritrovare delle costanti fortissime, movimentate altresì da delle varianti interne: questi soggetti sono Manon Lescaut, Bohème e, appunto, La dama delle camelie.

Continua www.edt.it/musica/leggio/articolo.php?a=400

domenica 18 maggio 2008

XII Incontro dei dottorati di ricerca in discipline musicali

In collaborazione col Dipartimento di Musica e Spettacolo
Alma Mater Studiorum — Università di Bologna



Sabato 24 maggio 2008, ore 1015—13 e 15—18
Laboratori del DMS - Manifattura delle Arti
Bologna, via Azzo Gardino 65/a


RELAZIONI


Gregorio Bevilacqua (Bologna-Ravenna) «Materia huius artis est aer et aqua»: la ‘roccia musicale’ nel “Comentum” di Roger Caperon

Annamaria Bonsante (Roma “La Sapienza”) Paternità ritrovate: un mottetto di J. C. Bach a San Severo di Puglia?

Giovanni Cassanelli (Bari) La ‘riforma’ di Mercadante: a proposito di “Elena da Feltre”

Maurizio Corbella (Milano) Musica elettroacustica e cinema italiano negli anni ’60

Antonio Gattabria (Roma Tor Vergata) Polivocalità arbërëshe e calabrese nel nord della Calabria

Marialuisa Pepi (Firenze) Il processo di visualizzazione nell’opera italiana tra il 1820 e il 1840

Federica Rovelli (Pavia-Cremona) Il monotematismo nel rondò strumentale di fi ne Settecento:
aporie teoriche e strategie compositive

Diego Toigo (Padova) Intonazioni della Passione in Italia fra medioevo e rinascimento

Alessandro Urso (Lecce) Problemi e metodi dell’archeomusicologia: cordofoni d’area messapica



Coordinamento organizzativo: Nicola Badolato, Anna Scalfaro (Bologna)



col sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna

http://www.saggiatoremusicale.it/attivita/2008/dottorati.php

sabato 17 maggio 2008

Quando tornerà Marlborough?

Spesso le canzoni infantili prendono spunto da quesiti sconcertanti. In Italia i bambini si domandano come faccia il coccodrillo quando sta tranquillo (purtroppo non c’è nessuno che lo sa). Da secoli, in Francia, in Inghilterra e nei paesi di lingua spagnola i bimbi si chiedono quando tornerà dalla guerra il duca di Marlborough: “Malbrough s'en va-t-en guerre,/ on n' sait quand il reviendra.”, “Mambrú se fue a la guerra,/ no sé cuando vendrá.” “Malbrook the Prince of Commanders/ Is gone to war in Flanders,/ His fame is like Alexander’s,/ But when will he ever come home?”.
Ma chi era il Duca? Si tratta di un personaggio storico: John Churchill, primo duca di Marlborough, e comandante delle truppe inglesi durante la battaglia di Malplaquet (11 settembre 1709). Questa battaglia, che ebbe luogo durante la guerra di successione spagnola, fu una delle più sanguinose del secolo XVIII: nonostante gli inglesi avessero vinto, le perdite del Duca furono così pesanti che egli non ricevette alcun riconoscimento in patria. In Francia invece si diffuse la diceria che egli fosse morto, e in suo onore fu composta la canzoncina burlesca Mort et convoi de l’invincible Malbrough.
Per decenni la canzone rimase nel patrimonio popolare, senza lasciare alcuna traccia di sé, finché negli anni ’80 del Settecento acquisì improvvisamente un’enorme diffusione. All’epoca il compositore Carl Stamitz si trovava a Parigi e usò la melodia per concludere la sua Sonata in Re maggiore per Viola e Viola d’amore. Anche la regina Marie Antoinette fu conquistata dalla canzoncina, e si narra che la cantasse di frequente rendendola un pezzo alla moda nella corte di Versailles. La sua popolarità fu tale che diede il nome a sete, cappelli, carrozze e minestre; le parole furono trascritte su ventagli, porcellane e giocattoli.
Dopo la rivoluzione francese la canzoncina perdette progressivamente notorietà, anche se si racconta che Napoleone amasse fischiettarla. Forse Beethoven era a conoscenza di questa indiscrezione quando compose La Vittoria di Wellington (1813) per commemorare la vittoria ottenuta dal Duca di Wellington sull’imperatore francese nel giugno 1813: il compositore scelse la melodia di Mort et convoi de l’invincible Malbrough per rappresentare i francesi, e quelle di Rule Britannia e God save the King per gli inglesi.
In Inghilterra alla melodia di Malbrough s'en va-t-en guerre venne adattato il testo “For he’s a jolly good fellow” ("Perché è un bravo ragazzo..."). Una traduzione molto libera dal francese venne fatta solo nell’Ottocento, per mano del poeta americano Longfellow, quando ormai la battaglia di Malplaquet era solo un lontanissimo ricordo. In ogni caso il poeta cambiò il nome del Duca per non mettere in ridicolo l’esercito inglese.
In Spagna questo brano popolare ebbe una fortuna molto diversa. Le parole furono presto tradotte e il nome del Duca venne storpiato in Mambrú; la melodia fu sostituita da un’altra di provabile origine araba. Mambrù se fue a la guerra divenne un pezzo da cantare mentre si giocava al gioco del mondo. Sotto questa forma attraversò l’oceano e ancora oggi è possibile ascoltarla nei cortili di tutto il Sud America. Nel 1947, il compositore Alberto Ginastera introdusse la melodia nel suo Rondó sobre temas infantiles argentinos Op. 19, e in questo modo “Mambrù” entrò ancora una volta nel mondo della musica colta.
Ormai non sono in molti quelli che ricordano le battaglie del Duca di Marlborough, tuttavia, nonostante da secoli una canzoncina contagiosa annunci la sua morte, il suo nome si trasmette di generazione in generazione ispirando musicisti e poeti. Tra questi forse l’ultimo è stato il poeta uruguayano Mario Benedetti, che nella sua poesia “Il ritorno di Mambrú” descrisse in questo modo l’andata del duca in guerra: “Quando Mambrú andò in guerra, portava un piccolo cuscino e un cavatappi./ Il cuscino per riposarsi dopo le battaglie e il cavatappi per stappare le effimere vittorie”.

Liana Püschel

Per avere un'idea aprossimativa dei pezzi, ecco alcuni link utili: La Vittoria di Wellington, Rondó sobre temas infantiles argentinos

giovedì 15 maggio 2008

Una voce poco fa

Eduardo Rescigno, Una voce poco fa. 550 frasi celebri del melodramma italiano, Milano, Hoepli, 2007, pp. 392 (+ XXI), € 26,00
Una lapide posta all’angolo tra via Duchessa Jolanda e via Principi d’Acaja, a Torino, in ricordo dei partigiani del quartiere caduti durante la Resistenza, si chiude con questa epigrafe in versi: «Chi per la Patria muor / vissuto è assai: / la fronda dell’allor / non langue mai. // Piuttosto che languir / sotto i tiranni, / meglio è morir / sul fior degl’anni». 
Mai avrei immaginato che quelle parole provenissero da un coro della Caritea regina di Spagna di Mercadante, su testo di Paolo Pola, andata in scena nel 1826. Il coro, che nella versione originale presentava alcune varianti (gloria in luogo di Patria, «per lunghi affanni» anziché «sotto i tiranni», e il penultimo verso regolarmente settenario «è meglio di morir»), secondo la tradizione venne intonato dai fratelli Bandiera poco prima di essere giustiziati, e sopravvisse alla scomparsa dell’opera. Ancora: chi era Cafariello, che, ai tempi di don Bartolo, cantava «quell’aria portentosa»? E quanti, anche tra gli appassionati di lirica, sanno che il Ballo in maschera ebbe un precedente, quanto alla trama e a buona parte della struttura musicale, nel Reggente di Mercadante? e che Cavalleria Rusticana di Mascagni fu preceduta di trentotto giorni da una Mala Pasqua! di Gastaldon tratta dalla stessa novella di Verga? Oppure: quanti under 50 che non abbiano nozioni di liturgia pre-conciliare colgono appieno quello che Barnaba dice nella Gioconda di Ponchielli quando afferma che «è tempora domani, e si digiuna»?
Sono, queste, alcune delle curiosità che vengono soddisfatte dalla lettura del nuovo volume di Eduardo Rescigno. Dopo una prefazione linguistica di Tullio De Mauro, ed un’introduzione che sintetizza quattro secoli di storia dell’opera e della sua ricezione come fenomeno sociale, il libro si compone di 249 schede di opere italiane (comprendendo anche qualche titolo straniero che ebbe fortuna in traduzione) andate in scena nell’arco cronologico compreso tra L’Orfeo di Monteverdi e la Turandot di Puccini. Di ogni opera vengono proposti un sintetico riassunto della trama ed un numero variabile di citazioni dal libretto (per un totale di 550 citazioni), ognuna commentata e corredata di opportuni richiami intratestuali ed intertestuali.
Come lo stesso autore scrive nell’introduzione, la selezione delle opere e delle citazioni è stata fatta basandosi su criteri molto diversificati: accanto a testi scelti per la fortuna di cui godono anche al di fuori dell’ambito melodrammatico, se ne trovano altri scelti per l’importanza che intrinsecamente rivestono nell’ambito della storia del melodramma, oppure per curiosità generiche relative alla citazione o all’opera da cui è tratta. Di conseguenza, diversificati sono anche i commenti con cui Rescigno correda i testi, che spaziano da note contenutistiche ad attente osservazioni sul rapporto tra parola e musica.
Che cosa dunque bisogna attendersi da questo volume? Non un’omogenea storia dell’opera, né un prontuario per rintracciare notizie su titoli più o meno noti: scopi per i quali, del resto, esistono già testi più appropriati; nemmeno una storia del libretto d’opera, che pure emerge da una attenta lettura in ordine cronologico. La componente più interessante, per quanto, rispetto alle promesse del sottotitolo, possa risultare un po’ sacrificata, è sicuramente l’analisi della vita e della fortuna extra-teatrale che tanti passi operistici hanno avuto, superando le contingenze della rappresentazione e, spesso, l’oblio nel quale molte partiture sono cadute: come l’«Ombretta sdegnosa del Missipipì», di fogazzariana memoria, tratta da un’aria metateatrale della Pietra del paragone di Rossini (nella quale, per inciso, l’ombretta è davvero un’ombra, e per di più d’un uomo).
Un limite può apparire legato a questo volume: di essere stato pensato per una generazione, come quella cui appartiene l’autore, cresciuta ascoltando quotidianamente musica operistica nelle situazioni più disparate, e sentendosi augurare «ritorna vincitor!» anziché «in bocca al lupo» davanti alle prove della vita. Quanti, nelle nuove generazioni, conoscono i versi che i partigiani torinesi, per quanto in maniera approssimativa e probabilmente ignorandone la fonte, sapevano citare a memoria? Tuttavia, se ai più giovani non servirà per togliersi dubbi su certe frasi e melodie tante volte ascoltate senza conoscerne il vero significato o gli autori, il testo di Rescigno sarà comunque importante testimonianza, utile anche per chi non abbia specifico interesse per l’opera lirica, dell’influenza esercitata dal melodramma sulle abitudini linguistiche ed espressive degli italiani, e quindi del grande successo sociale che questo genere ha avuto.
Marco Leo
Recensione apparsa su l’Indice dei libri del mese, maggio 2008, numero 5

mercoledì 14 maggio 2008

Musica casuale (lastfm & blip)

Se in giro per la rete vi sentite soli e cercate la compagnia di una radio on line, "lastfm" può essere una scelta interessante. Si tratta di un "social network" musicale: una sorta di discoteca formatasi con il contributo di tutti gli utenti. I visitatori del sito possono infatti collocare nella collezione propri brani, che saranno poi ascoltati da tutti. I pezzi messi a disposizione sono numerosissimi e spaziano in tutto l'universo musicale: dalla musica celtica all'ultimo concerto di Zucchero, dalle arie di Puccini cantate da Pavarotti alle creazioni degli aspiranti musicisti che suonano in cantina.
Per dare inizio all'ascolto basta andare su lastfm.it e digitare il nome dell'artista preferito nella casella apposita. In questo modo il motore di ricerca interno al sito selezionerà altri musicisti affini al prescelto e vi farà ascoltare i loro brani in modo casuale.
La collezione di musica classica non è tra le più ricche, ma può riservarvi qualche piacevole sorpresa e farvi scoprire qualche pezzo sconosciuto. Bisogna anche tenere in considerazione alcune peculiarità della riproduzione. Non sentirete mai una sinfonia, un concerto o un'opera completi: verranno proposti unicamente brani singoli. Se una interpretazione vi è piaciuta particolarmente, troverete nella pagina tutte le informazioni sulla registrazione e potrete anche comprare il disco on line. Se vorrete riascoltare il brano appena sentito, rassegnativi: la radio va sempre in avanti, mai in dietro.
Se l’esperienza vi fosse piaciuta, la registrazione al sito vi consentirà di creare una sorta di discoteca personale in cui conservare i brani prediletti. Potrete anche entrare in contatto con altre persone che hanno i vostri stessi gusti musicali oppure ricevere informazioni su nuovi concerti e dischi dei vostri artisti preferiti. Infine, i musicisti potranno proporre i propri brani che saranno ascoltati dall’intera comunità.

Ultima novità in ordine di tempo è blip la internet radio, ma social. Basta registrarsi per avere accesso a una grande quantità di musica gratuita. Blip is like Twitter for music.
Liana Püschel

lunedì 12 maggio 2008

La musica tra conoscere e fare

16-17 maggio 2008
Laboratori DMS - Manifattura delle Arti
Bologna, via Azzo Gardino 65a

La Musica tra Conoscere e Fare

a cura di Giuseppina La Face Bianconi e Paolo Damiani

Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Dipartimento di Musica e Spettacolo - CIMES
Associazione culturale «Il Saggiatore musicale - SagGEM»
Associazione fra Docenti Universitari Italiani di Musica (ADUIM)
SSIS/Emilia Romagna - sede di Bologna
Comitato nazionale per l’Apprendimento pratico della musica
Ministero dell’Università e della Ricerca
Ministero per i Beni e le Attività culturali
Facoltà di Lettere e Filosofia - Facoltà di Scienze della Formazione
Università di Bologna
UniboCultura
Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia
Ufficio Scolastico Provinciale di Bologna

presiede Giuseppina La Face Bianconi
direttore del Dipartimento di Musica e Spettacolo

Saluti: Pier Ugo Calzolari, Magnifico Rettore dell’Università di Bologna, Giuseppe Sassatelli, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Fabio Roversi Monaco, Presidente del «Saggiatore musicale - SagGEM», Virgilio Bernardoni, Presidente dell’ADUIM, Sergio Scala, Gabinetto del Ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Cosentino, Ministero della Pubblica Istruzione, Capo Dipartimento, Paola Manzini, Assessore Scuola Lavoro Università, Regione Emilia Romagna
Bruno Carioti, Presidente della Conferenza dei direttori di Conservatorio (anche in rappresentanza del Direttore generale AFAM), Guido Di Stefano, Direttore generale USR/Sicilia
Paolo Marcheselli, Dirigente USR/Emilia Romagna

Inteventi: (presiede) Maria Teresa Moscato (Università di Bologna)

- Luigi Berlinguer (Comitato nazionale per l’Apprendimento pratico della musica)
- Giuseppina La Face Bianconi (Università di Bologna; «SagGEM»)

(presiede) Antonio Genovese (SSIS/Bologna)

- Massimo Baldacci (Università di Urbino)
- Berta Martini (Università di Urbino)

(presiede) Fabrizio Festa (Conservatorio “G.B. Martini”, Bologna)

- Lorenzo Bianconi (Università di Bologna)
- Andrea Chegai (Università di Siena-Arezzo)
- Raffaele Pozzi (Università di Roma III)
- Nico Staiti (Università di Bologna)

(presiede) Delio Capozzi (dirigente scolastico, Bologna)

- Stefano Melis (Conservatorio “L. Canepa”, Sassari)
- Giorgio Pagannone (Università della Valle d’Aosta)
- Alessandro Solbiati (Conservatorio “G. Verdi”, Milano)
- Paolo Damiani (Conservatorio “S. Cecilia”, Roma)
- Carla Cuomo (Università di Bologna)

(presiede)
Luigi Guerra (Università di Bologna)

- Galliano Ciliberti(Conservatorio “N. Rota”, Monopoli)
-
Daniele Sabaino (Università di Pavia-Cremona; direttore SILSIS/Pavia)

Tavola rotonda I Le Indicazioni per il curricolo

(presiede) Virgilio Bernardoni (Università di Bergamo; ADUIM)

- Concetta Assenza (Conservatorio “G. P. da Palestrina”, Cagliari)
- Annarita Addessi (Università di Bologna)
- Lorenzo Bianconi (Università di Bologna)
- Cosimo Caforio (Liceo delle Scienze sociali “L. Bassi”, Bologna)
- Mauro Ceruti (Università di Bergamo; commissione MPI, Indicazioni per il curricolo)
- Paolo Damiani (Conservatorio “S. Cecilia”, Roma)
- Roberto Neulichedl (Conservatorio “A. Vivaldi”, Alessandria; SIEM)
- Paolo Somigli (Università di Bolzano)

Tavola rotonda II Le esperienze

(presiede) Giuseppina La Face Bianconi (Università di Bologna):

- Andrea Apostoli (AIGAM)
- Annalisa Spadolini (Scuola media a indirizzo musicale “Via Bagnera” Roma)
- Francesco Finocchiaro (Scuola media “G. Pascoli” I. C. n. 3, Imola)
- Angela Lepore (Liceo “S. Anguissola”, Cremona; tutor SILSIS/Lombardia)
- Lucia Giovanna Martini (Scuola dell’infanzia e primaria, Piglio)
- Magda Pedace (Liceo classico “M. Malpighi”, Roma)
- Serafina Sabatino (Scuola media ad indirizzo musicale I. C. , Granarolo)
- Enrico Strobino (Scuola media “Francesco d’Assisi”, Biella; CSMDB, Lecco)

http://www.saggiatoremusicale.it/saggem/attivita/2008/musicatraconoscerefare.php

domenica 11 maggio 2008

Jazz Podcast

Liberamente tratto dalla Newsletter Leggìo (n.15),

EDT Musica

Superato un attimo di disorientamento lessicale (la parola, podcast, sembra suggerire un mondo vagamente disneyano, o meglio harrypotteriano; o potrebbe essere il misterioso, criptico nome di qualche strano essere con antennine in una qualche galattica science fiction); e bypassato anche l'ulteriore stupore per aver visto tale parola accostata ad un'altra che, anche, è da molti ritenuta di origine oscura e incerta (jazz), non mi resta che invitarvi ad entrare con me in questi Jazz Podcast, per darvi notizia di un itinerario d'ascolto che vi porterà sicuramente a scoperte sorprendenti e molto istruttive.

Si tratta di... come chiamarli?... racconti, narrazioni, trasmissioni on line, congegnate e presentate da Stefano Zenni. Trasmissioni che possono eventualmente essere scaricate per impinguare l'iPod. Per ascoltarle basta entrare nel sito dedicato di EDT e poi, cliccando, penetrare in questo affascinante, doppiamente misterioso ma interessantissimo territorio informatico. Dico subito che a me sembra un'iniziativa dalla forte valenza divulgativo-educativa e che m'ha reso felice incontrare nell'enorme oceano del web, e nell'altrettanto immenso deserto di informazione che caratterizza il jazz e tutta la musica non commerciale in Italia, qualcosa di finalmente originale, ben concepito e altrettanto ben realizzato. Trasmissioni on line, dicevamo. Ogni mese Stefano Zenni sceglie un argomento (un brano musicale legato ad uno specifico grande solista o qualche altro singolare aspetto di quello sterminato, affascinante universo che è la storia del jazz) e per circa mezz'ora ne parla, alternando le sue acute riflessioni con ascolti totali o parziali, in un procedere incalzante che m'ha fatto venire in mente - ricordate? - il protagonista di Blow Up di Antonioni, il quale, a forza di ingrandimenti, finisce per scoprire aspetti segreti e nascosti delle immagini da lui fotografate, aspetti invisibili ad una prima occhiata. Allo stesso modo Zenni, in un percorso sonoro e verbale che riesce a fondere il rigore musicologico con un'atmosfera da sceneggiato radiofonico, porta l'ascoltatore-internauta a vedere progressivamente con chiarezza il pensiero musicale che sta dietro a quel certo passaggio, a quell'improvvisazione, a quell'arrangiamento. Queste attraenti, stimolanti trasmissioni sono regolarmente presenti in rete da più di un anno ormai (mi scuso per il mio tenace insistere su questa caratterizzazione radiofonica forse non pertinente, ma prendete questo come un elogio implicito alla forte suggestione narrativa che l'ascolto m'ha suscitato...).

Comunque, dicevo, dopo i primi numeri sperimentali (ultimi tre mesi del 2006; da segnalare nell'ambito di queste puntate un paio di titoli gustosi come "Il teatro immaginario di Duke Ellington" o "Giuseppe Verdi's Blues") i Jazz Podcast sono diventati una produzione stabile di EDT.

L'idea, va ribadito, è magnifica e il suo conduttore abile e superpreparato. Per rendere forse ancora più "jazzistico" il tutto si potrebbe fare in modo che Zenni provasse a registrare alcuni dei Podcast con un interlocutore, dando vita a una sorta di dialogo improvvisato intorno all'argomento prescelto. Interlocutore che potrebbe essere un musicista, o un collega critico-musicologo dell'attuale conduttore o addirittura - perché no? - una persona scelta all'interno dell'immensa platea degli internauti. E, ancora, mi piacerebbe che a fi anco di Zenni ci fosse, qualche volta, un musicista che, oltre a dialogare con lui, desse vita a esecuzioni "live" dello stesso brano all'ordine del giorno: esecuzioni e/o improvvisazioni di oggi da affi ancare a quelle in scaletta per allargare lo spettro comparativo e analitico del discorso. Last but not least, penso sarebbe giusto ci fosse nel sito un Forum regolarmente aperto, con commenti, richieste e quant'altro.

Tutte queste sono possibili idee e non critiche naturalmente, stimolate dal fatto che una grande casa editrice e un grande esperto di jazz si sono mossi con ammirevoli intenzioni-intuizioni verso il pubblico. E allora è giusto, credo, che anche quest'ultimo possa muoversi verso il jazz, diventando sempre più parte informata e attiva della sua affascinante vicenda.

Enrico Pieranunzi

venerdì 9 maggio 2008

Scuole in musica a Torino

Manifestazione musicale per le strade di Torino

1500 studenti, 34 miniconcerti, 1 maxiconcerto in Piazza S. Carlo con l’Orchestra della Fondazione CRT, 36 istituti coinvolti (medie e superiori) insieme agli atleti di euritmica.
Tante le scuole del Piemonte che partecipano all’iniziativa “scuole in musica” che faranno musica insieme per vie e piazze della città.

Luoghi: Piazza Palazzo di città, Piazzetta Corpus Domini, Piazza Castello, Piazza Vittorio e Carlo Alberto, Carignano, San Carlo, CLN, Bodoni, Carlo Felice, Galleria Subalpina e San Federico, via Garibaldi, via Montebello, Sant’ottavio, Cesare Battisti, Accademia delle Scienze, Buozzi, Amendola.

lunedì 5 maggio 2008

L'opera al cinema

Dopo l'esperimento viennese ora anche in Italia c'è la possibilità di guardare (e ascoltare!) l'opera lirica al cinema. Il primo appuntamento previsto è per martedì 7 maggio h. 20.30.
Il biglietto costa 15 euro

Tra le sale che aderiscono all'iniziative, a Torino il cinema Fratelli Marx
Corso Belgio, 53 - Torino. Telefono: +39 011 8121 410
http://www.microcinema.eu/




sabato 3 maggio 2008

X

di Hans Heinrich Eggebrecht,
liberamente tratto da www.saggiatoremusicale.it

Cosa si deve sapere per comprendere Bach? Nulla. Per tutta la vita, nel corso della mia attività scientifica, ho cercato incessantemente di avvicinarmi a Bach dal lato della scienza, dell’intelletto, e di farne parte ad altri, affinché anch’essi comprendessero Bach meglio di quanto non paia possibile fare senza né scienza né intelletto. Ma quanto più volevo sapere, e quanto più cercavo di trasmettere ad altri il sapere, tanto più chiaramente ho dovuto poi riconoscere che in ogni ricerca del sapere rimane un residuo a cui il sapere non può attingere. E via via che invecchiavo, il residuo si faceva sempre più grande, e vedevo in modo sempre più limpido che in esso, in questo inattingibile, sta la cosa principale, la più importante ed essenziale.

Questo residuo lo chiamerò x.

Le cose stanno così: ogni ricerca intorno a Bach, il concepire in quanto atto concettuale, il sapere prodotto dall’intelletto, tutto ciò è costantemente alla ricerca di questo x. Inoltre, l’infinitamente irraggiungibile è l’impulso che mai si inaridirà, il vortice della ricerca concettuale, anche se, o proprio perché, rimane alla fine inaccessibile all’intelletto. E d’altro canto lo x è in pari tempo ciò che, ascoltando la musica di Bach senza né ricerca concettuale né volontà di sapere, viene compreso per primo. Questo comprendere situato al di là della concettualità linguistica lo chiamo ‘comprensione estetica’. Qui ‘estetico’ non è inteso nel senso di bello o di estraneo alla realtà, ma nel senso della parola greca aístánomai presa nel suo significato di base, il percepire coi sensi. I nostri sensi colgono ciò che risuona, che nella sua modalità d’essere è situato al di là del linguaggio verbale; essi comprendono ciò che risuona nel suo esser al di là in quanto linguaggio non verbale. La comprensione estetica comprende lo x come x, cioè comprende ciò che sul piano dei concetti dell’intelletto è inattingibile. Quest’inattingibile può essere nominato: abbiamo a disposizione nomi come l’inconcepibile, l’essente e vero intemporale, l’assoluto, il trascendente, il divino, o semplicemente: Dio.

Da sempre la musica è oggetto di riflessione secondo quest’orientamento di pensiero; la si è detta di origine divina, dono di Dio, presenza di Dio, strumento della conoscenza di Dio. Ogni volta che rileggiamo quel che l’uomo ha pensato sulla musica, allorché ne ha interrogato il senso ultimo, l’enunciazione giunge al confine dove si situa il "residuo", la cosa principale. Giunge allo x e lo nomina coi concetti dell’inconcepibile. Il Dio di Bach è il Dio cristiano. Questo lui non l’ha detto: di Dio, a parole, Bach non ha quasi mai parlato. Soli Deo gloria e regulierte Kirchenmusik zu Gottes Ehre (musica da chiesa regolata per onorare Dio) significano semplicemente: Dio. Ma la dimensione cristiana della fede di Bach è esperibile attraverso la sua musica, sia quella vocale su testo liturgico sia quella per organo legata al corale. La ricerca intorno a Bach trova nell’esegesi musicale bachiana del testo, in una ricchezza inesauribile, il Dio della rivelazione cristiana: come quando, ad esempio, nell’intonare la parola sterben (morire) tutte le voci del coro si spingono poderosamente in avanti – verso il cielo. Ma le parole "Mensch, du mußt sterben" (O uomo, tu devi morire) non sono lo x: sono una enunciazione articolata nel linguaggio dei concetti. E neppure l’esegesi musicale di queste parole, il gesto ascensionale delle voci, è lo x: è una riunione linguisticamente concepibile di testo e musica in una comprensione cristiana del morire. Lo x è l’elemento sonoro in sé e per sé, sia esso ascensionale, come in questo passo, o discendente, disperato o abbandonato o musicalmente neutro o quale che sia la sua forma fenomenica. Lo x, anche dove gli è conferito un concreto significare, è ciò che sta dietro la facciata: l’elemento concettualmente inattingibile di quanto in modo puro e semplice risuona musicalmente. Qualcosa di analogo avviene nella musica strumentale, nella musica che sta al di là del testo, ad esempio in una fuga di Bach. Noi possiamo descrivere com’essa è conformata: tema, sviluppo e divertimenti, contrappunto e armonia, elementi stilistici tipici del genere e quelli irripetibili. E tutta questa approssimazione concettuale è al servizio della comprensione mediante l’ascolto. Ma poi arriva l’ascolto; e avviene lo scossone, quello che ci fa entrare nell’Altro, nel mondo di ciò che risuona musicalmente. Quanto viene descritto analiticamente si unisce all’ineffabilità e si immerge in essa. Eppure, anche senza sapere cosa siano dux e comes, contrappunto e armonia, elementi ricorrenti e unici, noi percepiamo e comprendiamo ugualmente ciò che non sarà mai attingibile dalle parole nella sua complessità sensibile, che in ogni suo momento è al di là del linguaggio e fondamentalmente sta sopra ogni linguaggio. Siamo andati a finire nel mondo dello x.

Un accesso a Bach lo offrono anche la biografia, la storia, le tradizioni di cui Bach si appropriò e che rinnovò nel corso della sua vita, e che trovano un sedimento nella sua opera. Tutto questo è in grado di spiegare molte cose: ad esempio la varietà della sua produzione, radicata nella varietà degli incarichi professionali di Bach e progressivamente svincolata da questa situazione; il legame con la tradizione dell’artigianato musicale nel contrappunto, nel basso continuo e nella polifonia; quel collocarsi, individuabile nelle sue composizioni, tra luteranesimo, pietismo e illuminismo; la partecipazione al mondo ecclesiastico, a quello legato alle corporazioni e al mondo borghese, che andava nella direzione dell’autonomia musicale, cioè di un pensiero musicale libero sul piano estetico. Tanto si è studiato, pensato e scritto su questi approcci, che la massa della produzione critica è ormai incalcolabile; eppure le fonti pervenuteci vengono ogni giorno interpretate di bel nuovo. Ma anche questi tentativi interminabili di spiegare Bach a partire dalla storia cozzano tutti contro un limite, un confine invalicabile. Collocandoci al di qua di questo confine si può dire come la musica di Bach sia fatta in connessione con la sua situazione biografica e storica, nei due sensi di ‘storia generale’ e di ‘storia della composizione’; al di là del confine resta però inspiegabile il fatto generale che essa poté essere creata in quanto mondo sonoro – quella domanda che rimanda alla capacità creativa, alla genialità, al talento per la musica. Un talento concesso per grazia di chi? Ogni volta che si pone questa domanda, si può rispondere solo con lo x: per grazia di qualcosa di insondabile. E anche qui il nome di Dio non è lontano. Così uno x si unisce all’altro: la dimensione in ultima analisi inesprimibile della musica si unisce con il talento per essa.

continua su http://www.saggiatoremusicale.it/documenti/x.php

giovedì 1 maggio 2008

 
Licenza Creative Commons
Questo blog di Benedetta Saglietti e Liana Puschel è sotto Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0

I materiali sono pubblicati a scopo di studio, critica e discussione, senza finalità commerciali, e saranno rimossi su richiesta del proprietario del copyright.

Any material on these pages is included as "fair use", for the purpose of study, review and critical analysis, and will be removed at the request of copyright owner.