lunedì 25 febbraio 2008

Sulla prova generale di Salome al Regio...


Inauguriamo una rubrica in cui ci si può togliere il sassolino dalla scarpa a proposito di concerti, opere etc...


L'angolo del gatto Murr è uno spazio di promozione della discussione e della critica costruttiva!

Sabato sera ho visto al Regio la prova generale di Salome.
Il regista Robert Carsen parte bene, facendo di Salome un'adolescente dark che odia gli amici del padre e sa di avere in mano il capo carceriere Narraboth. Dopo avergli estorto a suon di moine l'assenso alla temporanea uscita dalla cisterna del profeta Jochanaan, intesse con lui il famoso dialogo tra sordi. Bravi i due interpreti e brava l'orchestra, tenuta a freno da Noseda che smentisce così la sua fama di fracassone.

Primo problema: perché, anziché uscire dalla cisterna, Jochanaan appare - sul suono dei corni - da uno sfondo dune-del-deserto-tipo-pubblicità-Francorosso, il quale si schiude alla vista dello spettatore grazie all'apertura della parete di cassette di sicurezza del caveau in cui il Tetrarca terrebbe stipate le sue ricchezze? E, detto tra parentesi, che senso ha custodire Jochanaan nella cisterna di un caveau? E poi, Erode e consorte erano dei gaudenti, degli scialacquatori: lì, fino alla pioggia d'oro (citazione colta di Carsen, che suggerisce il titolo della Liebe der Danae, tarda opera straussiana di cui alla relazione di Giangiorgio Satragni) che arriva quando Salome sta per formulare la sua richiesta, sembra di stare in un sotterraneo freddo in cui l'unico metallo è l'acciaio delle cassette di sicurezza.

Andiamo avanti. Narraboth si pugnala, abbastanza all'improvviso, quando vede Salome far la corte a Jochanaan. E vabbè, poveretto. Jochanaan torna in qualche modo nella cisterna e Salome vede attraverso gli schermi della parete di sinistra i genitori che straviziano coi loro amici al piano di sopra. Non male, come idea, non fosse che l'impatto visivo è molto ridotto. Un po' di opulenza, in questi casi, è davvero necessaria.

Tutta l'estraneità di Salome ai baccanali di Erode ed Erodiade viene però smentita quando entra in scena quest'ultima. Si veda con quanta poca convizione dice a Salome di non danzare e quanto gode quando, dopo la danza (oddio, danza... cfr sotto), Salome chiede la testa di Jochanaan. L'estraneità è invece assoluta fra Erodiade ed Erode: lei sembra Trudi, la moglie di Gambadilegno, e lui sembra un pappone anni cinquanta, smilzo e laido da far schifo. E questi sono - più o meno - i genitori. Veniamo agli amici. Dopo averceli nascosti per le prime due scene, Carsen si scatena: frequentatori di tabarin e drag queen, in un tripudio di soldataglia romana che va e viene, cameriere vispeterese abbigliate all'egizia e guardie giurate dalle divise un po' nazi (non tanto, ma un po' sì).

La danza dei sette veli non è una danza. Non so se il problema fosse l'interprete: la cantante è notevole, non so se proprio non sappia ballare. Sta di fatto che non balla. Fa un po' ridere che, quando il patrigno le chiede di ballare, l'adolescente dark sparisca per un paio di minuti e torni indietro tappata da sciantosa, con tanto di parrucca rossiccia che scaraventa a terra sullo zan-zan-bum finale della danza.
Dunque Salome non danza, ma si contorce malamente mentre intorno a lei i sette amici màscoli del padre si calano prima le sciarpe e poi le braghe in una scena di una goffaggine tale da prenotare l'estromissione anche dalla versione definitiva di Moana e i sette mandinghi. Meno male che ci sono le cameriere egizie (complimenti alla commissione casting) che, privatesi del top nella circostanza, camminano portando in giro vassoi pieni di bicchieri con un portamento di un'eleganza invidiabile.

Domanda: cosa ci fanno, tutti insieme, questo personaggi, dalle egizie ai romani, alle guardie giurate filonazi, alle madame gaddiane stravaccate su sedie barocche, ai travestiti che strambinano sui tacchi in un tripudio di bicchieri (vuoti) stile art-déco? E perché un uomo come Erode dovrebbe concedere alla figliastra di cui voleva spiare le curve la testa del profeta (la cui morte teme come null'altro al mondo) dopo che questa, anziché mostrargli le sue grazie, ha fatto sì che Erode
potesse rimirare i pingoni sguainati di sette suoi - di lui - coetanei?

Capolavoro finale. La scena di Salome con la testa del Battista DEVE essere un confronto drammatico fra lei e lui, fra la vita e la morte, fra il vizio e la virtù, fra il presente in cui sguazza Salome e tutta la razza sua e l'ipertempo in cui vive il profeta; in una parola, dev'essere il corrispondente del dialogo fra sordi dell'inizio. Devono essere loro due SOLI. Nulla di tutto ciò, Carsen satura la scena riesponendo la corte dei miracoli che banchetta chez Hérode. La testa
non arriva su un vassoio d'argento, come chiesto da Salome in quello straordinario momento in cui lei aspetta a formulare la richiesta, intrattenendosi sul supporto destinato ad accogliere l'oggetto; no,
arriva portata in mano da una delle baldraccone amiche del patrigno, che gliela mostra inseguendola con tutto il codazzo dei suoi amici. La testa cambia di mano un paio di volte, mentre Salome dice che intende baciarla etc etc, ma si tiene a distanza di dieci metri da essa. Prima di consegnargliela, come si fa con un osso spolpato a un cane randagio, gli amici di Erode la adoperano per uno scambio ludico, probabile omaggio all'odierna moda mediatica del rugby e del curling, poi - senza
motivo - si ritraggono in disparte e la lasciano finalmente baloccarsi.
La tensione della scena è azzerata, viene solo da ridere. E se una scena come quella fa ridere, vuol dire che la regia è da buttare.

Non è finita, perché dopo non aver mostrato il vassoio, Carsen fa altrettanto con gli scudi che dovrebbero schiacciare Salome. Lei s'incammina portando in cima alle mani tese la testa di Jochanaan: il caveau si schiude di nuovo sulle dune rosse, e lei sembra procedere verso la terra da cui veniva il Battista (pentita? illuminata? chissà); poi la parete si richiude e l'ordine di Erode, "Uccidete quella donna" diviene ambiguo: gli amici (non i soldati, se ricordo bene, ma confesso
che stavo ridendo) sembrano intenzionati a far la pelle non a lei ma ad a Erodiade, che li esorcizza col suo sguardo carico d'odio nel momento in cui cala la tela. Complicità madre - figlia? Mah, la dark teen dell'inizio mi pareva orientata diversamente.

Andate numerosi a vedere l'opera, che musicalmente vale davvero la pena, e fateci sapere cosa pensate della regia!


Me l'ha detto l'uccellino...

E... per sentir due campane si può anche leggere la recensione di Giorgio Pestelli, La Stampa, 28/02/2008.

domenica 24 febbraio 2008

Il volto di Bach

E' opinabile, de-mitizzante.
Forse non volevamo neppure vedere l'uomo raffigurato nell'immagine, che scopriamo sconosciuto e diverso da come l'abbiamo sempre immaginato.

Ma alcuni studi di ricostruzione del volto al computer, a partire dal teschio, provano a mostrarci il supposto "vero volto" di Bach.

Tutte le foto su Repubblica.

(Si ringrazia della segnalazione Veronica Medina)

sabato 23 febbraio 2008

Auguri Händel!

Il 23 febbraio è il 323° anniversario della nascita di Georg Friedrich Händel: cogliamo dunque l'occasione per riscoprire i suoi lavori anche attraverso il web.
Il Münchener Digitalisierungszentrum (MDZ), facente capo alla Bayerische Staatsbibliothek (Biblioteca Statale Bavarese), ha appena digitalizzato una parte delle opere händeliane proposte nell'edizione curata da Friedrich Chrysander (realizzata tra il 1858 e il 1902).
Basta cliccare qui: la pagina dedicata al musicista che oggi festeggiamo è consultabile per opere e per generi. Cliccando sulla sigla evidenziata in rosso potrete prender visione di ciò che più v'interessa: l'edizione è particolarmente buona dal punto di vista della leggibilità.
L'MDZ rende disponibile a questo indirizzo, anche altro materiale, raccolto in una vera e propria biblioteca digitale, al quale vale la pena di dare un'occhiata.
Un sito completamente italofono dedicato interamente a questo musicista, meno ricco di contenuti, ma comunque da segnalare, è Haendel.it

martedì 19 febbraio 2008

La parola cantata a teatro tra Sei e Settecento


UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO
Dipartimenti DAMS – Scienze letterarie e filologiche
Scuola di Dottorato in Culture Classiche e Moderne
Scuola di Dottorato DAMS
Seminario di studi

Il rapporto tra composizione musicale e composizione poetica è assai stretto per molti secoli della storia italiana e il discrimine tra recitazione declamante ed esecuzione cantata talmente sottile da divenire quasi impercettibile; i nomi stessi delle principali forme poetiche della nostra tradizione (canzone, sonetto, ballata, madrigale) richiamano da vicino il tenace legame che unisce musica e poesia nell’età dei classici.
Le due giornate di studio, cui farà seguito un’analoga iniziativa nell’autunno prossimo a Roma, intendono porre a confronto specialisti di entrambe le discipline, musicologia e italianistica, per contribuire, nella prospettiva del colloquio seminariale, a ripensare quell’intreccio tra musica e poesia che è naturale e spontaneo e non frutto di una volontaristica esigenza di assecondare la moda dell’interdisciplinarietà.



Torino - 6 marzo 2008
Sala Lauree
della Facoltà di Scienze della Formazione
ore 9.00


ROBERTO GIGLIUCCI (Università di Roma - La Sapienza)
Melodramma e tragicomico. Lo snodo romano-
veneziano nella prima metà del Seicento


FRANCO PIPERNO (Università di Roma - La Sapienza)
Metateatralità nella librettistica buffa del Settecento


ore 15.00

DOMENICO CHIODO (Università di Torino)
Teatro in miniatura: il caso di una cantata haendeliana


RENATO RAFFAELLI (Università di Urbino)
Don Giovanni tra antropologia e filologia



Torino - 7 marzo 2008
Sala Lauree della Facoltà di Scienze della Formazione
ore 10.00

PAOLO GALLARATI (Università di Torino)
L’intonazione del testo nell’opera del Settecento: la rivoluzione teatrale di Mozart


Comitato scientifico
Renzo Bragantini, Domenico Chiodo,
Paolo Gallarati, Roberto Gigliucci,
Enrico Mattioda, Franco Piperno

lunedì 18 febbraio 2008

Il tango di Musetta

In un bistrot del Quartiere Latino, Musetta si alza e intona il suo walzer. Allora la sua bellezza la fa risplendere da capo e pié: Marcello non resiste oltre e soccombe ai suoi incanti. Il loro amore turbinoso procede con ascese e ricadute, finché, sul finale del terzo atto della Bohème, la loro situazione sembra raggiungere pace e serenità. Vivranno poi felici e contenti? Il pesante sipario impedisce di sbirciare nel loro futuro.

Forse ripensando a questi due personaggi, una notte di musica e di ginebra, il poeta José Gonzáles Castillo immaginò una figlia nel loro futuro, che sarebbe andata a vivere a Buenos Aires e che al walzer avrebbe preferito il tango. È certo che si ispirò alle opere di Giacomo Puccini quando scrisse il tango Griseta.

Griseta

Mezcla rara de Museta y de Mimí
con caricias de Rodolfo y de Schaunard,
era la flor de París
que un sueño de novela trajo al arrabal...
Y en el loco divagar del cabaret,
al arrullo de algún tango compadrón,
alentaba una ilusión:
soñaba con Des Grieux,
quería ser Manon.

Francesita,
que trajiste, pizpireta,
sentimental y coqueta
la poesía del quartier, (...)

Y una noche de champán y de cocó,
al arrullo funeral de un bandoneón,
pobrecita, se durmió,
lo mismo que Mimí,
lo mismo que Manón.

Strana mescolanza di Musetta e di Mimì,
con carezze di Rodolfo e di Schaunard,
era il fiore di Parigi
che un sogno di romanzo portò in periferia...
E nel folle turbinare di un cabaret,
la ninna nanna di qualche tango presuntuoso,
incoraggiava un’illusione:
sognava Des Grieux,
voleva essere Manon.

Francesina
che hai portato, disinvolta,
sentimentale e vezzosa
la poesia del quartier,(...)

E una notte di champagne e di cocaina
con la ninna nanna funerea di un bandoneón,
poveretta, si addormentò,
così come Mimì,
così come Manon.


Al di là di ogni fantasiosa congettura, le parole di questo tango testimoniano la fortunata diffusione delle opere del musicista lucchese nella capitale argentina. Nel giugno 1905 il maggiore giornale argentino, La Prensa, aveva invitato Puccini ad attraversare l'Oceano Atlantico in compagnia di Elvira per visitare Buenos Aires. Il compositore si recò nella capitale per sovrintendere la messa in scena di alcune delle sue opere, e in particolare la nuova versione di Edgar. Il suo arrivo fu un vero e proprio evento: durante il soggiorno di due mesi, Puccini fu perseguitato dai giornalisti e partecipò a una settantina di banchetti (più di uno a sera!).

In quei giorni, probabilmente, il musicista ebbe modo di conoscere i ritmi e le melodie locali, che echeggianti nella memoria gli ispirarono qualche anno dopo il “Piccolo tango per pianoforte”. In realtà l’attribuzione di questo brano è molto dubbia e forse non si riuscirà mai a verificarne la paternità; in ogni caso Puccini non sarebbe stato l’unico compositore a misurarsi, a inizio secolo, con il tango. Infatti nel 1914 Erik Satie scrisse Le Tango (perpétuel), seguito da Igor Stravinsky con il suo Tango (1918) e da Darius Milhaud con il Tango Des Fratellini (1919).

Liana Püschel

domenica 17 febbraio 2008

Una rete di musicisti

Per svolgere una ricerca ormai non bastano i libri, ci si può anche rivolgere al Web. La rete non sempre fornisce informazioni affidabili, tuttavia la consultazione di certi siti può risultare imprescindibile. Si propone un breve elenco:

The Lied and Art Song Texts Page: in questa pagina è possibile consultare il testo 27015 Lieder e altri tipi di canzoni, tradotti in diverse lingue.
J. S. Bach Home Page: per chi volesse curiosare nel catalogo di Bach, questo è il posto giusto: le opere possono essere cercate attraverso diversi criteri (numero di BWV, strumento, tonalità, ecc.). Si può anche leggere la biografia e consultare un indice di registrazioni (consigliate, e non!).
Bach cantatas: questo invece è il sito che consigliamo per uno studio più approfondito sulle cantate di Johann Sebastian Bach.
Mozarteum: l'obiettivo del sito è quello di diffondere il lavoro di Mozart, rendendolo accessibile al pubblico.
Beethoven-Haus: ecco il posto giusto per chi volesse bussare a casa di Beethoven senza muoversi dalla propria poltrona! In queste pagine, create dal Beethoven-Archiv di Bonn, è possibile scoprire la vita e l'opera del musicista.
Fryderyc Chopin: queste pagine si presentano come punto di partenza per un'avvincente avventura alla scoperta del compositore polacco.
Giuseppe Verdi: in questo elegante sito, accanto ai libretti e ad alcuni spartiti, si possono consultare documenti che ritraggono a tutto tondo l'artista e la sua opera (caricature e ritratti, una bibliografia, notizie sulle terre verdiane, video storici e molto altro...)
Centro Studi Giacomo Puccini: gli appassionati e gli studiosi del compositore lucchese non possono fare a meno di questo sito. Qui si trovano, oltre ai libretti delle sue opere, saggi interessanti e un'aggiornata bibliografia.
Pietro Mascagni: il visitatore, accolto dalla voce del musicista, troverà in questo sito informazione sulla sua vita e il suo lavoro, nonché notizie sulle recenti registrazioni delle sue opere e l'utilizzo delle sue composizioni al cinema.

La compilazione di un inventario di tutti i siti utili per la ricerca sarebbe un'impresa titanica, tuttavia (nella rubrica Strumenti) speriamo di potervi fornire costantemente link interessanti.

Liana Püschel

sabato 16 febbraio 2008

Richard Strauss e la cultura figurativa del suo tempo

Il 7 febbraio è stata presentata la relazione, già discussa lo scorso novembre in forma condensata all'XI Colloquio di Musicologia del Saggiatore Musicale, "Richard Strauss e la cultura figurativa del suo tempo".

Interrogarsi su cosa significasse per Richard Strauss la composizione di miti greci nelle sue opere tarde (Daphne, Die Liebe der Danae) vuol dire imbattersi in una concezione secondo cui la classicità viene intesa come parte viva e integrante della cultura del XX secolo. Questo tratto personale è stato spesso considerato come il sopravvivere di una tradizione passata; tuttavia non possiamo dimenticare che altri artisti nella prima metà del XX secolo, non solo musicisti, credevano in una via di sviluppo che combinava una classicità eternamente presente con la modernità. Questo emerge con evidenza da certa pittura degli Anni Venti e Trenta, ad esempio quella di Giorgio de Chirico, il quale sceglie di rappresentare elementi classici in un contesto moderno.

Sappiamo inoltre del forte interesse di Strauss per le arti figurative e per il loro valore di patrimonio della cultura umana. Per interpretare le ultime opere mitologiche di Strauss, dunque, è utile anche il rapporto con la pittura coeva nella quale, alla stessa maniera, convivono insieme elementi antichi e moderni. Ciò dimostra che la posizione di Strauss non era isolata e reazionaria, bensì una delle più importanti e autorevoli in seno a un'estetica che affermava l'eterna contemporaneità del mito.

Giangiorgio Satragni

Link all'abstract del Colloquio

giovedì 14 febbraio 2008

Musica e impegno civile

Tra gli appuntamenti della settimana si segnala l’esecuzione del War Requiem di BENJAMIN BRITTEN per soli, coro, orchestra, orchestra da camera, voci bianche e organo, composto nel 1962, in memoria delle vittime della II guerra mondiale.

Direttore Juanjo Mena, soprano Judith Horvath, tenore Agustín Prunell-Friend, baritono Christopher Robertson, Coro Filarmonico "Ruggero Maghini", maestro del coro Claudio Chiavazza, Coro di voci bianche "I Piccoli Musici", maestro del coro Mario Mora, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai

La durata è di 90’ circa

Biglietti per gli under 30 sono come sempre di 9 €

Turni: giovedì h. 20.30, replica al venerdì h. 21

Auditorium Toscanini, piazza Rossaro, Torino

http://www.sistemamusica.it/2008/febbraio/18.htm

http://www.radio.rai.it/radio3/view.cfm?Q_EV_ID=240860


Mercoledì 20 febbraio
Unione Musicale,
Conservatorio G. Verdi, piazza Bodoni ore 21

Orchestra di Padova e del Veneto

Paul Watkins direttore Ian Bostridge tenore Alessio Allegrini corno

Haydn Sinfonia Hob. 75
Mozart
Concerto per corno e orchestra K. 417
Tippett
Divertimento on Sellinger’s Ground per orchestra
Britten
Serenata per tenore, corno e archi op. 55

Biglietti numerati, presso la biglietteria dell’Unione Musicale, € 25
Ingressi, in vendita presso il Conservatorio dalle ore 20.30, € 18

http://www.sistemamusica.it/2008/febbraio/15.htm

mercoledì 13 febbraio 2008

Il suono di Brahms e la voce di Puccini

Qualche anno fa fece un certo scalpore il ritrovamento, da parte della Stanford University, di una registrazione che contiene la voce di Brahms, oltre a una sua interpretazione. 
Sonic archeology: An analysis and transcription of the 1889 cylinder recording of Johannes Brahms performance of a segment of his First Hungarian Dance by Jonathan Berger ccrma.stanford.edu

La bella voce baritonale di Puccini è stata invece incisa al Columbia Studio di New York il 21 febbraio 1907. 

Talvolta però, sono "bufale":
"Chopin era un pianista sublime. E questo tutti, fino a questo momento, avremmo potuto supporlo. La certezza viene nientedimeno che da una "registrazione" che il compositore polacco fece nel 1848 su di un rudimentale apparecchio approntato da un estroso inventore francese di nome Hippolyte Sot. La possibilità di ascoltare Chopin suonare il suo Valzer in re maggiore op. 64 n. 1 è offerta dalla rivista inglese "Classic CD" che ha pubblicato la registrazione originale su un compact. Inutile dire che la notizia ha avuto l’effetto di una bomba. Innanzitutto perché la prima registrazione ufficiale è del 1877, poi perché ascoltare Chopin suonare un suo brano è una emozione indescrivibile. Nell’estate del 1847 Chopin era con George Sand a Nohant quando incontrò il signor Sot: costui aveva approntato una macchina per la registrazione composta da un cilindro di vetro ricoperto di nerofumo sul quale, grazie ai suoni amplificati da un megafono rovesciato, una puntina tracciava una sinusoide la cui ampiezza era proporzionale alla pressione acustica. Sot poi seppellì tutte le registrazioni nel suo giardino e lì rimasero fino all’anno scorso, quando lo storico Jean-Michel Baillat le scopri e le portò all’IRCAM di Pierre Boulez".
Anche Alberto Spano scrisse di queste scoperte:
"Amburgo, settembre 1889: il 55enne Johannes Brahms accetta di suonare la Danza Ungherese n. 1 in sol minore nella versione per pianoforte solo davanti alla cornetta di un rudimentale registratore a cilindro nello stand di una fiera campionaria settembrina. L’eccezionale seduta di registrazione ha effettivamente luogo e noi, oggi, a distanza di 110 anni, possiamo ancora ascoltare quella leggendaria incisione […] in cui si intuisce la presenza di un pianoforte e a fatica si riconosce la musica eseguita. Questo documento è probabilmente il primo reperto sonoro di un certo interesse musicale nella storia del disco. […]
È e rimane il primo documento serio di un pianoforte registrato. Rimane il primo, perché la registrazione del Valzer in un minuto eseguito da Chopin a Nohant nel 1848 e commercializzata con una rivista inglese il 1° aprile 1991, la notizia del cui ritrovamento rimbalzò improvvisamente sui giornali di tutto il mondo, altro non era che un colossale e riuscito pesce d’aprile di un buontempone pianista dilettante che aveva camuffato con l’ausilio del computer una propria sgangherata esecuzione. La data di registrazione era esageratamente inverosimile, visto che la prima registrazione di cui si ha notizia è del 1877."

10 maggio 1991, Repubblica
Benedetta Saglietti

venerdì 8 febbraio 2008

"Le incantatrici" di Jean Starobinski

Nell'incontro del 24 gennaio è stato presentato il libro Le incantatrici.
La recensione è pubblicata anche nel n. di febbraio de L'Indice dei libri del mese.

Jean Starobinski, Le incantatrici, (ed. orig. Les Enchanteresses, Editions du Seuil, Paris 2005), trad. it. di Carlo Gazzelli, EdT, Torino 2007, pp. XXII+315, Euro 18.
 

Lo stupore ritrovato


Dove sono i giardini di Armida, in cui i passi si confondono e si perdono? E gli scogli delle sirene, su cui i felici e incoscienti marinai lasciano infrangere le loro navi? Sembrerebbe che, con l’avvento di una mentalità razionale, queste suadenti creature siano state esiliate, e i loro luoghi d’incanto cancellati da ogni mappa; ormai parole quali “incantare”, “sedurre”, “rapire”, “ammaliare” hanno perso la loro accezione originale collegata all’universo della magia, per diventare banali metafore di uso quotidiano. In tale situazione solo l’arte è autorizzata a meravigliare. Questa è l’idea portante de Le incantatrici: in questa occasione il poliedrico intellettuale svizzero Jean Starobinski si cala nei cerchi magici tracciati dalla felice collaborazione tra letteratura e musica, per illustrare alcuni aspetti della seduzione. «Mi importava soprattutto mostrare come l’incantesimo sia diventato per eccellenza opera dell’artista, il potere di cui egli si appropria e un elemento dell’immagine che offre di sé» (p. 54).
Questa raccolta di saggi offre al lettore innumerevoli spunti di riflessione sui complicati e fecondi rapporti che intercorrono tra letteratura e musica: non è un caso che gli autori più citati siano Mozart e Rousseau. Alle considerazioni sulla storia dell’interpretazione e della fruizione si affianca l’invito ad assistere all’opera lirica come a uno spettacolo che rinnova il proprio incantesimo ogni volta. Si può godere delle singole ricerche, oppure accogliere il volume nella sua organicità: molti temi infatti si ripropongono ed emergono lungo il discorso, creando una fitta trama di collegamenti. Si possono inoltre trovare punti di contatto con altre ricerche dell’autore: ad esempio, l’interesse per gli incroci delle trame del potere con quelle dell’arte è presente anche in A piene mani. Dono fastoso e dono perverso (Einaudi, Torino, 1995), in cui viene considerata la rappresentazione figurativa e letteraria del potente come elargitore di beni. Ne Le incantatrici è ancora viva l’attrazione per il Settecento e i suoi intellettuali, come Montesquieu o il già menzionato Rousseau - protagonisti degli studi di Starobinski sull’Illuminismo; in particolare, nell’analisi del Flauto magico di Mozart si approfondiscono alcuni temi già sfiorati in 1789. Sogni e incubi della ragione (Garzanti, Milano, 1981).
L’opera, in cui si intrecciano parole musica e immagine, è l’arte più incline a destare stupore nel pubblico. Incantatrici e streghe, bandite dalla realtà quotidiana, trovano rifugio nel teatro musicale, il quale le accoglie come incarnazione dell’arte che affascina e seduce, cosciente della sua precaria sovranità. «Una delle ragioni della forte attrazione che esercita l’opera lirica risiede nel fatto che essa ha trasformato gli incantesimi di un passato leggendario in un incantesimo attuale, giocato sull’onda dell’istante in cui si svolge l’azione e si ascolta la nota cantata» (p. 7).
A tessere il sortilegio che ammalia il pubblico è la fortunata alleanza tra letteratura, musica, regia e interpretazione. La regia, in particolare, restituisce al presente un lavoro del passato. Il regista dovrebbe porre la propria immaginazione al servizio dell’opera senza lasciarsi sopraffare dai propri incubi e fantasmi, o dalla sterile volontà di stupire il pubblico con le proprie trovate.
L’aria può rapire e portare in Paradiso, come spiega Rousseau ne Le Confessioni, oppure schiudere il mondo degli spiriti, secondo l’espressione di Hoffmann. La destrezza può avvicinare un cantante, nel giudizio del suo pubblico, agli angeli o ai serafini. In tutte queste manifestazioni di meraviglia si nota come l’esperienza del canto ponga l’ascoltatore al di là della realtà, in una dimensione quasi mistica. Attraverso un itinerario tracciato dalle dichiarazioni di alcuni fruitori fittizi (come i personaggi di Balzac) o veramente esistiti (come Nietzsche e Stendhal) si può ripercorrere il fenomeno della sacralizzazione dell’arte.
Il procedere dell’indagine attraverso le citazioni è un metodo presente in questo come in altri lavori di Starobinski. La citazione allarga gli orizzonti aperti su una questione, permettendo di creare collegamenti imprevisti fra temi e autori; si scoprono in questo modo echi e rimandi tra lavori lontani come La Gerusalemme liberata e il Parsifal, oltre che la diffusa presenza di miti, simboli e archetipi nella cultura europea. Un altro tratto che contraddistingue l’approccio critico dell’autore è la permanente attenzione verso le parole e il loro sviluppo semantico; sotto questo punto di vista il lavoro può essere inserito nell’ambito della storia delle idee. Ad esempio, dalla definizione di «Poème lyrique» data nell’Encyclopédie l’autore fa discendere una serie di considerazioni sul Don Giovanni di Mozart, a riguardo della scelta del soggetto e del suo trattamento. Nell’analisi di un libretto il ripresentarsi di un termine può rivelare la chiave di volta con cui interpretare l’opera; può essere il caso de Il flauto magico, in cui la parola “potere” compare in modo quasi ossessivo. Si può inoltre apprendere che i rapporti di potere sono elemento essenziale anche de Le nozze di Figaro: il conte crede di essere un’autorità indiscussa, quando in realtà, sotto di lui, c’è un brulicare di volontà opposte. Con l’astuzia il servitore Figaro vorrebbe far muovere il padrone secondo il ritmo del proprio “chitarrino”, ma anch’egli si illude di detenere un qualche potere: solo Susanna sarà capace di sbrogliare la matassa dirigendo le fila dell’azione.
Tra i grandi burattinai può essere collocato Napoleone. Nel saggio conclusivo, intitolato Ombra adorata si evidenzia un aspetto della dimensione spettacolare del potere dell’imperatore, il quale si compiaceva dei successi del suo protetto: il sopranista Girolamo Crescentini. Durante una rappresentazione in cui Crescentini è sulla scena, lo stratega e il cantante si contendono l’attenzione del pubblico: «Napoleone lascia la sala prima della fine dello spettacolo. Ma ci ha tenuto a vedere la scena più patetica e a constatare l’emozione dell’uditorio. Il potente effetto esercitato dal suo protetto era per lui come un prolungamento del suo stesso potere» (p. 237). Il sopranista tiene sospesa la volontà degli ascoltatori: controlla, seppure per un attimo, i moti del loro spirito. Napoleone, dal suo palco, aveva affascinato il pubblico con la sua presenza e l’aveva sottomesso col suol sguardo. In quell’occasione, il cantante si esibisce in un’opera di Zingarelli, Romeo e Giulietta; l’ultima aria del suo personaggio, e l’ultima che l’imperatore ascolta, è «Ombra adorata». La descrizione di quella serata a teatro è solo uno degli esempi che nel saggio illustrano la fortuna di quell’aria presso il pubblico fra Sette- e Ottocento. Il percorso è tracciato attraverso romanzi o racconti che vi fanno cenno; in ciascun caso è descritto lo stupore degli ascoltatori di fronte all’interpretazione di un preciso cantante, in una determinata occasione. Si rivela in questo modo un altro aspetto importante per capire la potenza ammaliante del canto: un ascoltatore non è conquistato da un’aria, ma da una sua precisa interpretazione. L’invito del canto è unico e l’ascoltatore non può che cedere e lasciarsi rapire in un paese lontano.
Fra i sortilegi dell’incantatrice l’eroe involontariamente si perde, e abbandona la via che aveva deciso di seguire. Il pubblico dell’opera, a differenza dell’eroe, assiste allo spettacolo con la volontà di farsi stupire: è questa la via intrapresa sin dall’inizio. Un’opera composta secoli addietro potrà ritrovare la sua capacità di stupire solo se sarà resa viva dall’interpretazione presente; in questo modo anche lo spettatore potrà riavvicinarsi all’incantesimo del canto. «Al momento dello spettacolo, se la regia non ci ha reso un cattivo servizio, si produce il solo incantesimo a cui sia dato assistere a noi tardi arrivati» (p. 7).
Liana Püschel

mercoledì 6 febbraio 2008

Presentazione

Studenti della "vecchia guardia" e nuovi frequentanti dei corsi dei Professori Pestelli e Rizzuti, della Facoltà di Lettere di Torino, si riuniscono ogni due giovedì per discutere di questioni inerenti la musicologia e la storia della musica, con un occhio di riguardo all'interdisciplinarietà.
Col tempo, gli incontri si sono trasformati in una piacevole abitudine.

Partecipare al seminario significa confrontarsi su un terreno di studio comune, per condividere risorse, scambiandosi idee, nella speranza che il brainstorming sia foriero per tutti di una robusta crescita culturale e di un allargamento dei propri orizzonti di ricerca. Spesso due ore sembran poche e si vorrebbe continuare con gli approfondimenti!
Questo strumento di cui ora ci dotiamo vuole essere
un prolungamento di quei giovedì musicali, un mezzo di diffusione dei contenuti là affrontati e speriamo, perché no, che valga anche come invito ad allargare la nostra cerchia.

Benedetta Saglietti
 
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