I dipendenti del Teatro Regio di Torino e molti dei melomani torinesi temono per il futuro dell'ente lirico e chiedono aiuto al Comune di Torino perché si prenda a cuore il problema dei tagli al teatro conseguenti al taglio del Fus, Lo hanno fatto ieri mattina in Comune, in un affollato incontro di Diritto di Tribuna.
"I torinesi non possono essere costretti ad andare a Milano o a Roma per assistere a una grande prima o per vedere un direttore famoso e non credono che questa città possa finire per avere un teatro lirico di serie B. E non vogliono nemmeno altre 380 famiglie in difficoltà", si legge in una lettera-petizione controfirmata da 2.600 persone tra i 318 dipendenti a tempo indeterminato, 60 a tempo indeterminato e spettatori (le firme sono state raccolte in dicembre in 12 serate di spettacolo).
"Sebbene - spiega la petizione - il Regio sia sano, tra i pochi Enti lirici ad aver chiuso in attivo il bilancio negli ultimi anni, i tagli lo tartassano". I firmatari spiegano che a muoverli non sono stati il contratto o le retribuzioni percepite (e non esistono ammortizzatori sociali per questa categoria di lavoratori), ma il timore che un'azienda culturale di così alto profilo possa venire compromessa in modo letale.
Giornale dello Spettacolo, p. 12, 29 aprile 2009
"I torinesi non possono essere costretti ad andare a Milano o a Roma per assistere a una grande prima o per vedere un direttore famoso e non credono che questa città possa finire per avere un teatro lirico di serie B. E non vogliono nemmeno altre 380 famiglie in difficoltà", si legge in una lettera-petizione controfirmata da 2.600 persone tra i 318 dipendenti a tempo indeterminato, 60 a tempo indeterminato e spettatori (le firme sono state raccolte in dicembre in 12 serate di spettacolo).
"Sebbene - spiega la petizione - il Regio sia sano, tra i pochi Enti lirici ad aver chiuso in attivo il bilancio negli ultimi anni, i tagli lo tartassano". I firmatari spiegano che a muoverli non sono stati il contratto o le retribuzioni percepite (e non esistono ammortizzatori sociali per questa categoria di lavoratori), ma il timore che un'azienda culturale di così alto profilo possa venire compromessa in modo letale.
Giornale dello Spettacolo, p. 12, 29 aprile 2009
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