Ecco Daniele Gatti alla prima uscita col suo nuovo complesso, l'Orchestre National de France, di cui ora è direttore principale. E da italiano cosmopolita ecco un pezzo dove l'Italia musicale esce riletta e straniata in senso anche ironico, l'intero balletto con canto Pulcinella di Stravinskij, la riscrittura di Pergolesi (o del presunto tale) con diffrazioni armoniche e ingresso nel cosiddetto stile "neoclassico". Ma è un filone singolare e colto di modernità novecentesca, parallela all'Arianna di Strauss, e Gatti con i francesi in organico ridotto è molto abile nel mantenere l'equilibrio tra calco settecentesco e beffardo graffio moderno. L'equilibrio sta anche nelle voci di Anna Caterina Antonacci, sostituta di lusso, e Francesco Meli, non in Alex Esposito, il quale fa troppo il cantante d'opera in una musica che, all'inverso, la prosciuga.
Parodia per parodia, ecco la suite dal Rosenkavalier di Richard Strauss, col valzer viennese dell'Ottocento (quello degli altri Strauss) annesso al Settecento in una musica del Novecento, con un'orchestra enorme che si mangia quello Stravinskij, magari con qualche fortissimo di troppo o qualche eccesso languido, che invece sta meglio nel bellissimo Intermezzo dalla Manon Lescaut di Puccini suonato poi come bis. E valzer per valzer, ecco La valse di Ravel, visione sinfonica e coreografica della danza (quella di Johann Strauss), valzer che Berio sommò abilmente a quello di Richard Strauss in Sinfonia. Con Ravel i francesi giocano in casa, ma Gatti è determinante nel respiro e nella morbida saldezza delle entrate, fornendo una prova ragguardevole.
Giangiorgio Satragni
Torino, Auditorium del Lingotto
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La Stampa, 11 marzo 2009
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