Dopo 24 anni Maurizio Pollini è tornato a suonare Il clavicembalo ben temperato di Bach, sempre solo il primo libro di 24 preludi e fughe in tutte le tonalità maggiori e minori, quelle appunto ottenute dal cosiddetto temperamento cui Bach edificò un capolavoro didattico ed esecutivo. Tocca sempre reinventarlo al pianoforte, giacché la «tastiera» per cui fu pensato includeva oltre al cembalo anche l’organo. L’approccio di Pollini sembra oggi più libero che nell’85, fantasioso nella scelta dei tempi, flessibile nelle articolazioni interne: in una parola più cantabile.
Impresa ardua, che richiede enorme concentrazione all’interprete e al pubblico, il Clavicembalo bachiano non può essere restituito sempre al medesimo livello, qui decisamente alto con momenti folgoranti, come l’ascesi del Preludio in do diesis minore, con mezze tinte magiche, o con la prodigiosa differenziazione fra le voci nel Preludio in mi minore. In alcuni casi, come il Preludio in fa diesis maggiore, Bach suona stupendamente barocco, in altri pare di ascoltare Schumann che guarda a Bach, altrove balugina Chopin . Non tutte le fughe hanno la medesima chiarezza, ma il giorno dopo si vorrebbe riascoltare tutto da capo. Grandi feste, e, in quinta, l’abbraccio di Barenboim a Pollini.
Milano, Teatro La Scala
Milano, Teatro La Scala
Giangiorgio Satragni
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