"Dio te ne guardi, figlio mio, si sa dove si comincia e non si sa dove si finisce: potresti diventare un critico musicale".
La battuta è pubblicata sul foglio umoristico genovese "Il Sacripante di Circassia" (aprile 1893). Una garbata presa in giro della figura del critico, molto spesso considerato un "musicista fallito", costretto a ripiegare sulle parole dopo essersi arreso alle note. In realtà, lo si sa bene, la storia della critica non è stata scritta da "falliti", ma da musicisti (anche letterati illuminati) che hanno saputo andare oltre i meri aspetti tecnici di una esecuzione, per segnalare talenti, scoprire la bellezza di certe opere, porre problemi di estetica. Un tempo la critica impegnava nomi come Berlioz, Schumann, Hanslick, Wagner. Nell'Ottocento un debutto importante occupava le prime pagine dei giornali. Nel gennaio 1901 la malattia e la morte di Verdi trovò per giorni spazio sulla prima pagina di tutti i quotidiani (con rimandi alla seconda e alla terza pagina), in coabitazione con la contemporanea malattia e morte della Regina Vittoria.
Oggi la critica musicale gode di un'attenzione assai minore da parte dei media, risultato, anche, di una minor considerazione in cui è tenuta la musica "seria" in rapporto ad altre forme di arte o di divertimento. Le pagine di spettacolo privilegiano la televisione, poi la musica leggera, il cinema e, in ultima battuta la prosa e la musica. A meno che non ci sia qualche scandalo. I fischi alla Scala fanno sempre notizia, ma l'incaricato a parlarne in più colonne è il cronista, mentre al critico viene lasciato un colonnino per uno stringato commento.
[...] A mio parere, la critica non ha perso nessuno dei suoi valori e delle sue funzioni. A maggior ragione in una società che tende a perdere sempre più il senso della critica e a digerire qualsiasi cosa senza alcun processo valutativo, con una tendenza ad appiattire tutto verso il basso. Limitandoci agli aspetti musicali, l'esercizio della critica è, in realtà, estremamente utile per chi lo fa, in quanto induce a riflettere e a ragionare su quel che sente; e dovrebbe essere utile anche per chi legge la critica, non perché l'articolo sia un pezzo di Vangelo dai giudizi infallibili, ma perché, se scritto con onestà intellettuale, puòcomunque aiutare a dibattere e a ragionare sui problemi
della cultura.
della cultura.
In questo senso per un giovane musicista appropriarsi degli arnesi del mestiere del critico è estremamente interessante e stimolante. Ha sostenuto Paul Griffiths che il critico è un esecutore che percorre un itinerario opposto: ovvero mentre l'esecutore tradizionale converte in suoni materiali non acustici (i segni della partitura), il critico traduce in parole l'esperienza dell'ascolto. Accettando questa impostazione, la responsabilità di un critico è notevole e l'esercizio di questa professione deve essere sostenuto da una preparazione completa: conoscenze musicali tecniche approfondite, capacità di scrittura (chiara, leggibile, piacevole), onestà intellettuale e forte personalità.
Roberto Iovino
Liberamente tratto da Il Cantiere Musicale
Rivista del Conservatorio Paganini di Genova,
Anno II, N. 4, inverno 2007
Rivista del Conservatorio Paganini di Genova,
Anno II, N. 4, inverno 2007
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