domenica 25 ottobre 2009

Confessione di un organista

A inizi Novecento i parrocchiani di Saint Severin, nel cuore del Quartiere Latino di Parigi, erano spesso accompagnati nelle loro preghiere dai suoni solenni che l’organo della loro chiesa diffondeva sollecitato dalle mani di Jean Huré.

Chissà che il compositore (e musicologo) nella penombra severa delle volte gotiche non sognasse le gaie serate al caffé - concerto. Forse è frutto di queste meditazioni l’articolo che scrisse per il numero dell’ottobre 1911 del «Mercure Musical et S.I.M», nel quale proseguiva la difesa della “cattiva musica„ intrapresa da Marcel Proust una quindicina di anni prima.

Ecco un estratto dell’articolo:


"La cattiva musica" - la musica frivola che abbiamo deciso di chiamare "cattiva musica" - è sempre "musicale", a volte musicale con gentilezza. Quella che chiamiamo "la buona musica", la musica ben fatta, la musica seria (!) generalmente, è priva d'invenzione, di spontaneità, di logica naturale: è "antimusicale". È quella che ha fatto abbandonare le nostre sale da concerto; è quella che, in tutti i tempi, ha seminato, tra le folle, l’odio delle complicazioni sonore.
Ma, non abbiamo mai la curiosità di esaminare, di pesare, le ragioni che fanno gradire “la cattiva musica" a quelli che noi chiamiamo "il volgo": “volgo" composto indistintamente da operai, da borghesi, da gente di mondo. Non pensiamo che quelli siano dilettanti ingenui d'arte, o musicisti-nati, molto incompleti - certamente - quanto all'istruzione musicale, ma il cui gusto è spesso abbastanza sottile per servirci da insegnamento prezioso.
Ho visto, tutta quest'estate, questa folla semplice al caffè-concerto. (...)

Il caffè-concerto, il music hall, mi sembra un posto squisito sotto molti punti di vista, ma, soprattutto, perché là soltanto si incontrano gli snob senza il loro snobismo: senza questo benedetto snobismo che ci occorre - per la nostra arte - coltivare, incoraggiare, rinforzare… ma che è tuttavia uno spettacolo molto grottesco.
Penetriamo all'Alcazar d'estate (...).
Le melodie galleggiano, leggere; hanno a volte contorni graziosi; di un'eleganza convenzionale e simmetrica, come quella delle reverenze che inclinano i vestiti neri verso le mani pallide, inanellate di gemme. (...)
Si canta correttamente qui.
Cantano correttamente queste piccole attrici che sembrano riempire la scena di fiori animati: le piccole attrici che non si preoccupano delle tecniche convenzionali.
Non oserebbero cantare in falsetto, non sono abbastanza "grandi cantanti"!
E quindi apprezzano la musica e fraseggiano con perfezione le piccole melodie che comprendono così bene.
Indubbiamente, si annoierebbero molto all'aria più sublime della Passione secondo Matteo… ebbene, esse non la cantano. Ma, quante cantanti, quanti cantanti, che non capiscono niente, interpretano - e come - i lavori di Bach, e di Schuman, e di Wagner, e del sig. Debussy!
Mi piacciono di più queste piccole cantanti, perché parlano una lingua che è loro familiare. Mi piacciono di più queste piccole melodie, banali e piacevoli, cantate con gusto, con intelligenza (...) di tante grandi sinfonie penose, e pesanti, e molto mal fatte, che si sentono oggi un po' ovunque e che si sa bene, in certi ambienti, che sono noiose, brutte, ributtanti. (...)
Ci ritornerò senz’altro al caffè-concerto.

Lp

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