Sir John Eliot Gardiner con la sua Orchestre Révolutionnaire et Romantique ha inaugurato la nuova stagione dei Concerti del Lingotto nei nomi di Schumann e Brahms: abbinamento tanto più attraente perchè nelle opere scelte i due sembravano richiamarsi e proseguire un dialogo interrotto solo dalla precoce scomparsa di Schumann.
Gardiner, dopo vaste esperienze rinascimentali e barocche, si è dato ormai a esplorare altre età musicali, sempre sotto il segno di una qualità sonora e una ricerca stilistica libere da ridondanze e pesantezze; ma nella musica dell'800 resta talvolta una certa asprezza di suono, una mancanza di sfumature specie in ottoni e timpani, che fanno sembrare questa rispettabile orchestra più «rivoluzionaria» che «romantica». Che non è sempre un male: ad esempio, l'ouverture Manfred di Schumann sotto la bacchetta dell'illustre maestro ha rivelato un volto nuovo, meno ripiegato e più vicino allo stile incalzante di Weber; ma la delicatezza elegiaca, i colori patinati e autunnali del Doppio Concerto di Brahms erano tutti in mano ai due solisti, il violino parlante di Thomas Zehetmair e il violoncello di Chritian Poltera, un po' meno sicuro ma altrettanto solidale nella tenerezza del canto; mentre la fonicità dell'orchestra era un po' troppo sgargiante, specie nelle trombe, «forti» anche in parti di puro sostegno armonico. Questa sonorità di primo piano si è sposata molto meglio con la Renana di Schumann, nell'impeto infuocato del primo movimento (con i passi rischiosi per i corni!) e nel grande quadro cerimoniale dell'Adagio.
Conclusione fuori programma l'Adagio del Concerto per violino di Schumann, con Zehetmair memorabile solista: pagina d'impressionante fissità, un canto a occhi chiusi e a fior di labbra, da cui Brahms, giusto lui, conserverà un piccolo frammento per una serie di variazioni.
Gardiner, dopo vaste esperienze rinascimentali e barocche, si è dato ormai a esplorare altre età musicali, sempre sotto il segno di una qualità sonora e una ricerca stilistica libere da ridondanze e pesantezze; ma nella musica dell'800 resta talvolta una certa asprezza di suono, una mancanza di sfumature specie in ottoni e timpani, che fanno sembrare questa rispettabile orchestra più «rivoluzionaria» che «romantica». Che non è sempre un male: ad esempio, l'ouverture Manfred di Schumann sotto la bacchetta dell'illustre maestro ha rivelato un volto nuovo, meno ripiegato e più vicino allo stile incalzante di Weber; ma la delicatezza elegiaca, i colori patinati e autunnali del Doppio Concerto di Brahms erano tutti in mano ai due solisti, il violino parlante di Thomas Zehetmair e il violoncello di Chritian Poltera, un po' meno sicuro ma altrettanto solidale nella tenerezza del canto; mentre la fonicità dell'orchestra era un po' troppo sgargiante, specie nelle trombe, «forti» anche in parti di puro sostegno armonico. Questa sonorità di primo piano si è sposata molto meglio con la Renana di Schumann, nell'impeto infuocato del primo movimento (con i passi rischiosi per i corni!) e nel grande quadro cerimoniale dell'Adagio.
Conclusione fuori programma l'Adagio del Concerto per violino di Schumann, con Zehetmair memorabile solista: pagina d'impressionante fissità, un canto a occhi chiusi e a fior di labbra, da cui Brahms, giusto lui, conserverà un piccolo frammento per una serie di variazioni.
Auditorium G. Agnelli del Lingotto
***
Giorgio Pestelli, La Stampa, p. 38
Nessun commento:
Posta un commento