lunedì 31 marzo 2008

... da mille comignoli Buenos Aires

Numerosi caffé popolavano le strade di Parigi a inizio Ottocento: il Tortoni era solo uno tra i tanti. Nel 1858 Monsieur Touan, proprietario del locale, decise di trasferirlo a Buenos Aires per cercare miglior sorte. Dall’altro lato dell’oceano il caffé si trasformò ben presto in ritrovo di intellettuali ed artisti, e oggi esso è uno dei simboli della città.

Nello stesso anno in cui Touan traslocava in Argentina, a Lucca nasceva Giacomo Puccini. Per ricordare questi due 150° anniversari, al Teatro Avenida (che si trova a pochi metri dal caffé) è stato messo in scena un allestimento particolare di La bohéme: la scena è stata portata dalla Parigi del 1830, alla Buenos Aires del 1917/18.

Il regista Eduardo Casullo ha spiegato la sua scelta al giornalista di La Razón in questo modo:

“C’è un fatto fondamentale che mi spinse a fare questa traslazione di luogo e di tempo, che ha a che fare con la potenza del gruppo bohemién di Buenos Aires di quegli anni. (...) C’è una vita bohemién fatta di insonni, di utopia; una attività incredibile che aveva luogo a Buenos Aires e che coincide con i caratteri che Puccini definisce per i personaggi della bohéme parigina. La data del 1918 è stata scelta perché coincide con la notte di Natale del 1917 e l’inverno del 1918, momento in cui ci fu la grande nevicata che è utile all’azione del terzo atto (n.d.t. A Buenos Aires non nevica mai, si ricordano come eventi eccezionali le nevicate del 1918 e del 2007). Questa è un’epoca in cui il cambio temporale non crea conflitti con quanto esposto nel libretto; cioè, esistevano ancora la tubercolosi e gli stessi criteri sociali e bohemién. Ho cercato un punto in cui riuscissimo a rispettare ciò che Puccini espone e anche questo omaggio alla nostra classe intellettuale.

Attraverso questo gioco di traslazioni la mansarda di Marcello e di Rodolfo si sposta al quartiere della Boca (dove al tempo risiedevano gli immigrati genovesi e gli artisti di scarse risorse, e oggi si trova lo stadio della squadra omonima), il caffé Momus è rinominato Tortoni (anche nella traduzione proiettata a teatro!), e la Barriére d’Enfers è ricollocata tra le strade La Rioja e Cochabamba, dove si trovavano le officine Vasena. Tra i cambiamenti non sfugge qualche contraddizione di indole meteorologica: è inconcepibile un Natale freddo a Buenos Aires, e risulta un po’ ridicolo che i personaggi cerchino disperatamente di accendere una stufa quando la temperatura media a dicembre si aggira sui trenta gradi. In ogni caso, già all’epoca di Puccini, Giacosa aveva espresso qualche perplessità sulla percezione del freddo che hanno i bohemién: come mai si sentono intirizziti dentro la mansarda e poco dopo scelgono un tavolo all’aperto per cenare da Momùs?

Se il caffé Tortoni è una sorta di omaggio agli artisti argentini, anche l’ambientazione dell’atto III è simbolica. Nel gennaio 1919 le officine Vasena furono palcoscenico dei gravissimi fatti della “Settimana tragica” (uno sciopero di operai che chiedevano il riconoscimento dei loro diritti fu spento nel sangue): attraverso la scelta del posto si combinano “la tragedia personale dei bohemién con i fatti del 6 gennaio successivo” (tratto dall’intervista realizzata a Casullo dal giornale Clarìn).

Questa rilettura non è solo un gioco di prestigio, ma anche un segnale di attenzione verso il presente: basta pensare al modo in cui il governo argentino ha affrontato lo sciopero degli agricoltori e degli allevatori negli ultimi giorni, oppure all’indifferenza di buona parte della classe politica verso la cultura e la storia della città. Questa Bohéme porteňa suscita, allo stesso tempo, la malinconia della gioventù che si dilegua e la nostalgia per la città che un giorno fu la Parigi del Sud America.

Liana Püschel

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