Negli ultimi mesi, nel corso di diverse conferenze [1] e [2] curate dal Prof. Ernesto Napolitano, è stato proposto il confronto con gli studi di due ricercatori americani: Hepokosky e Darcy, sintetizzati nel volume Elements of Sonata Theory.
In questo libro, pubblicato nel 2006 dalla Oxford University Press, sono sminuzzate numerose composizioni del tardo Settecento nel tentativo di stabilire tipi e deformazioni della forma sonata. La composizione viene interpretata come un processo decisionale: dato un modello teorico ideale (desunto dal confronto delle composizioni) si individuano delle sezioni (suddivise in sottosezioni, suddivise in sottosezioni, suddivise in sottosezioni, ecc.) che possono essere realizzate in vari modi. Alcuni di questi modi sono molto diffusi, altri meno, altri ancora costituiscono delle eccezioni. Dalle statistiche risulta che certe scelte si concatenano con più frequenza di altre. Il musicista davanti al foglio pentagrammato si sarebbe trovato come un giocatore di fronte a una scacchiera.
Hepokoski e Darcy enumerano ogni scelta; compilano cataloghi; stendono inventari; stilano liste; formulano elenchi usando una terminologia che s’ispira all’informatica. Per dire, ad esempio, che in una data composizione al primo ritornello corrisponde il tema principale usano la cifra:
R1: \ P
In questa sigla la presenza di “\” è completamente gratuita. Secondo gli autori, quel piccolo segno servirebbe a svelare la stretta parentela tra le loro abbreviazioni e il codice usato dai programmatori.
Chissà se nella genealogia dei ricercatori non si nasconda qualche bibliotecario di Babele, il quale, per i capricci della genetica, abbia trasmesso loro la segreta aspirazione di creare un programma capace di realizzare quella perfetta composizione in forma sonata che né Haydn né Mozart fecero in tempo a scrivere.
In questo libro, pubblicato nel 2006 dalla Oxford University Press, sono sminuzzate numerose composizioni del tardo Settecento nel tentativo di stabilire tipi e deformazioni della forma sonata. La composizione viene interpretata come un processo decisionale: dato un modello teorico ideale (desunto dal confronto delle composizioni) si individuano delle sezioni (suddivise in sottosezioni, suddivise in sottosezioni, suddivise in sottosezioni, ecc.) che possono essere realizzate in vari modi. Alcuni di questi modi sono molto diffusi, altri meno, altri ancora costituiscono delle eccezioni. Dalle statistiche risulta che certe scelte si concatenano con più frequenza di altre. Il musicista davanti al foglio pentagrammato si sarebbe trovato come un giocatore di fronte a una scacchiera.
Hepokoski e Darcy enumerano ogni scelta; compilano cataloghi; stendono inventari; stilano liste; formulano elenchi usando una terminologia che s’ispira all’informatica. Per dire, ad esempio, che in una data composizione al primo ritornello corrisponde il tema principale usano la cifra:
R1: \ P
In questa sigla la presenza di “\” è completamente gratuita. Secondo gli autori, quel piccolo segno servirebbe a svelare la stretta parentela tra le loro abbreviazioni e il codice usato dai programmatori.
Chissà se nella genealogia dei ricercatori non si nasconda qualche bibliotecario di Babele, il quale, per i capricci della genetica, abbia trasmesso loro la segreta aspirazione di creare un programma capace di realizzare quella perfetta composizione in forma sonata che né Haydn né Mozart fecero in tempo a scrivere.
lp
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