Marida Rizzuti,
Sipario 2009.
Mentre si scorre il cartellone dell'Opera di Roma si è avvolti da una certa curiosità e attesa imbattendosi ne
Le grand macabre di György Ligeti; la curiosità nasce dalla natura del lavoro del compositore ungherese, l'attesa è rivolta alla compagnia che lo porterà in scena: la Fura dels Baus. La prima rappresentazione avrà luogo il 18 giugno, seguita da quattro repliche il 19, il 20, il 21 e l'ultima sarà il 23 giugno. Il maestro concertatore e direttore sarà l'ungherese Zoltán Peskó.
Le grand macabre non è mai stata rappresentata al Teatro dell'Opera; l'ultima rappresentazione in Italia risale al 1997 al Teatro Comunale di Ferrara, nella prima versione. L'opera è stata oggetto di una revisione da parte del compositore nel 1996; intorno al 1965, mentre Ligeti approntava la conclusione di Aventures e Nouvelles Aventures, nasce l'idea di un lavoro teatrale di ampio respiro, anche grazie al suggerimento di Göran Gentele, direttore dell'Opera Reale di Stoccolma, disposto a sostenerlo con appoggi e mezzi necessari alla realizzazione. La creazione e la gestazione del testo è stata lunga e laboriosa: Ligeti interruppe la composizione per la prima volta nel 1972 in seguito alla tragica scomparsa dell'amico e mentore Gentele a causa di un incidente d'auto; nell'anno successivo ad Amburgo ebbe luogo la prima di Staatstheater di Mauricio Kagel e per il compositore transilvano apparve ancora più difficile portare a termine il progetto iniziale, perchè già con la sua Aventures e ora con l'"anti-opera"di Kagel la gestualità vocale e gli esperimenti di teatro musicale erano stati esplorati appieno. Ma Ligeti va oltre una simile impasse, decidendo di creare un 'anti–anti–opera' e dunque, se due negazioni affermano, un'opera. Come fonte di ispirazione per il suo libretto, realizzato da Michael Meschke, regista anche della prima rappresentazione a Stoccolma il 12 Febbraio 1978, sceglie una pièce in tre atti, scritta quarant'anni prima, La Ballade du grand macabre dello scrittore belga di lingua francese Michel de Ghelderode.
Creare un'opera basata sui quadri di Breughel e Bosch e sui testi di autori come Jarry e Ionesco, esponenti del Teatro dell'Assurdo, Kafka, e Boris Vian è stato l'intento di Ligeti, la cui realizzazione si è palesata attraverso la struttura e la forma del libretto, intriso di situazioni paradossali, e poi attraverso la musica, la cui tessitura – come afferma l'autore – «non dovrebbe essere sinfonica. La concezione musicale e drammatica dovrebbe essere lontana dai territori di Wagner, Strauss e Berg, più vicina alla Poppea di Monteverdi, al Falstaff di Verdi e al Barbiere di Rossini, ma in realtà ancora differente: in effetti non dovrebbe rifarsi ad alcuna tradizione, neppure all'avanguardia».