si terrà una giornata di studi in onore di Massimo Mila.
venerdì 28 novembre 2008
In memoriam di Massimo Mila
si terrà una giornata di studi in onore di Massimo Mila.
martedì 25 novembre 2008
Harold en Italie
Alla corte di Britten
"O dear, o dear, how I sometimes wish I were respectable & dead, & that people wouldn’t get so cross.” Benjamin Britten is now dead (he would have been ninety-five this month), and, if the ubiquity of his music is a measure, highly respected if not quite respectable. Go to the Britten–Pears Foundation website and a calendar of performances shows several live performances of Britten works, large and small, every day of the year, all over the world. Most of his works have never been out of the recorded catalogue. Of the generation of classical composers who came to maturity in the wake of the Second World War, he is the flagship, the emblem, the victor. Yet, and in the face of music which is heartfelt, embedded in the great tradition, largely consonant, while at the same time avoiding kitsch or ironic reworking – in other words music with its own confident voice – he remains curiously unloved. Suspected for his supposedly pederastic leanings – an issue which John Bridcut has brilliantly reconfigured in his book and television documentary Britten’s Children, recognizing the desire not to abuse but to remain a child which lay at the heart of Britten’s imagination – he is also presented as a twisted figure, with his “corpses” (friends and associates who lost favour) and his fawning court.
lunedì 17 novembre 2008
Il Trio in Re Maggiore WoO Anhang 3 di Beethoven interpretato dal Bridge Trio
Il Trio in Re maggiore per violino, violoncello e pianoforte è mancante di 2 pagine da battuta 63 a battuta 96 nel primo tempo, sino al 1910 si pensò fosse di Mozart (Köchel, Anhang 52a).
In seguito attribuito da Th. Wyzewa e G. de Saint-Foix a Beethoven, assieme ad altri quattro pezzi: (WoO, Anhang 6, rondò per pianoforte ed Anhang 8, tre pezzi per pianoforte a quattro mani) nell'anno 1926.
Data presunta di composizione: 1788 – 1791.
Aggiornamento 1: il video dell'esecuzione: youtube.com
Il Trio, studiato nel 2005 dal Centro di ricerche beethoveniane unheardbeethoven, è stato corredato delle 33 battute mancanti da Albert Willem Holbergen, musicologo olandese esperto di ricostruzioni filologiche.
giovedì 13 novembre 2008
Libertà e oppressione ne Il Prigioniero di Luigi Dallapiccola
L’atto unico si apre sulla cella nella prigione di Saragozza, il Prigioniero racconta alla Madre di un “azione” che «mi diede ancor fiducia nella vita»: il Carceriere nell’atto di torturarlo una sera lo chiamò «fratello». Il Prigioniero confessa alla Madre che questa sola parola gli ha permesso di iniziare nuovamente a sperare e a pregare; la Madre resta comunque rattristata perché sa quale sorte attende il figlio. Entra il Carceriere raccontando della rivolta che infiamma nelle Fiandre e della marcia vittoriosa dell’Esercito dei Pezzenti; la Campana di Gand tornerà a suonare e presto ci sarà la caduta di Filippo e la fine dell’Inquisizione per mano di Carlo V. Il Carceriere fantastica scenari di libertà (nell’Aria in tre strofe Sull’Oceano) e ciò rende ancora più speranzoso il Prigioniero, grato verso il Carceriere per avergli ridato la possibilità di sperare. Il Carceriere esce lasciando la porta della cella socchiusa, quasi un invito a evadere; il Prigioniero si avvia attraverso un lungo corridoio labirintico e nero verso forse la libertà, non si accorge di incontrare un «Fra Redemptor» con in mano strumenti di tortura, né due monaci lungo il cammino. Giunge all’aria aperta e il suono di una campana sembra preannunciargli la libertà.
Il Prigioniero è in un grande giardino, assapora gli odori, la luce della libertà; (scena IV) ad un tratto si sente costretto in un possente abbraccio, si ode la voce del Carceriere: «perché ci volevi abbandonare?», così il Prigioniero di colpo comprende tutto: il Grande Inquisitore prima della morte lo ha sottoposto ad un ultima atroce tortura: quella di sperare. Egli oramai non ha più forze e si lascia condurre verso le fiamme che si vedono sullo sfondo.
Libertà e oppressione
Marida Rizzuti
martedì 11 novembre 2008
Articolo per l'incontro "criticare la critica"
di Paolo Gallarati
Bene o male? Dipende dai gusti. Quanto a impeto, Gergiev non teme concorrenti: tutto è vitale, sino all’esplosione. Ne trae beneficio ciò che è affidato al ritmo: corse a perdifiato, suggestioni coreutiche di un repertorio che ha nel balletto uno dei propri centri irradianti, grande teatralità di effetti. Bastava ascoltare la meravigliosa ouverture di Ruslan e Ljudmila di Glinka, la Seconda sinfonia di Borodin o l’ouverture della Sposa dello Zar di Rimskij-Korsakov per apprezzare ciò che si è cercato di descrivere.
Questo, però, ha il rovescio della medaglia: raramente Gergiev riesce a conciliare impeto e finezza. La sua gamma dinamica va da mezzoforte a fortissimo; difficile sentire un vero piano e i passi leggeri sono risolti con fretta, quasi come fastidi da superare. Se ne ha avuta conferma nella Sagra della primavera, sentita come un brutale bombardamento e non come l'espressione magica e trasparente delle forze vitali che escono dal sonno della terra, quali Stravinskij rappresenta in un connubio unico di precisione e energia.
Regio: APERTO PER PROTESTA
Giovedì 13 Novembre il REGIO SARÀ APERTO PER PROTESTA.
Un’intera giornata a porte aperte, per sensibilizzare la cittadinanza contro i previsti tagli governativi alle fondazioni lirico-sinfoniche.
Vi invitiamo Giovedì 13 novembre al Teatro Regio di Torino per incontrarci e parlarci direttamente, per condividere esperienze e opinioni, perché la morte dei teatri d’opera non vuol dire solo meno posti di lavoro in una città sempre più segnata dalle chiusure, ma vuol dire la cancellazione di un bene collettivo e che, quindi, è sia nostro che vostro.
La scaletta della giornata:
- dalle ore 10 alle ore 13.30 Prove d’orchestra in sala Regia con il M.° Noseda
- dalle ore 15 alle ore 18 Prove del Coro in sala Regia con il M.° Gabbiani e il M.° Noseda
- dalle ore 19 alle ore 20.30 Gruppi da camera del Teatro Regio accoglieranno i visitatori facendo ascoltare alcuni brani musicali
- ore 21 Concerto dell’Orchestra e del Coro del Teatro Regio diretto da Gianandrea Noseda
Musicisti solidali: avete mai ascoltato un'orchestra suonare fuori dal teatro?
http://www.youtube.com/watch?v=nZGT6vr_4p8
http://www.youtube.com/watch?v=MQJYD3hMDCc
http://www.youtube.com/watch?v=bWlLke4Wd2I
domenica 9 novembre 2008
Galateo musicale & dress code
[...]
2 - Alla fine di ogni recita operistica è invalsa l'abitudine, come si dice in gergo, di «fare quadro». Il sipario si rialza su tutti gli interpreti dell'ultima scena, resuscitati gli eventuali morti. Poi, tutti, compresi gli assenti all'ultima scena, al secondo levarsi della tela si presentano uno alla volta, in ordine inverso rispetto all'importanza del ruolo. Le masse restano in fondo. Così tutti i cantanti applaudono, a uno a uno, l'orchestra ed il coro; e ne sono applauditi. Il direttore d'orchestra, di solito costretto alla gentil finzione d' esser trascinato, recalcitrante, dalla Prima Donna, applaude l'orchestra, il coro e i singoli cantanti. Regista, bozzettista, figurinista, con eventuali assistenti, datore luci (oggi definito «light designer» [...]), maestro del coro, ci sottopongono anch'essi all'estenuante messinscena. E' ridicolo oltre che falso, ben noti essendo i sentimenti reciproci da ciascuno nutriti. Gli applausi sono di pertinenza solo del pubblico. Men che meno il direttore applauda dal podio un cantante dopo una Romanza: appare ruffiano o autoincensatore, in quanto responsabile supremo. Peggio: non invii baci al pubblico, consentiti solo ai cantanti in circostanze eccezionali. E' tradizione che, rarissimamente, l'orchestra, invitata dal direttore ad alzarsi in piedi per condividere il successo, si rifiuti, con ciò rendendo omaggio al capo ed eventualmente battendo gli strumentisti d'arco questo sul leggìo. Proprio l'eccezionalità di siffatta manifestazione di rispetto deve impedire l'applauso orchestrale come inflazionata abitudine. Del pari, inversamente: se i sorrisi a sessantaquattro denti dei maestri concertatori fanno piangere, non è augurale taluna maschera facciale da «lutto strettissimo» (Martoglio) indossata a inizio di stagione e mai più deposta.
3 - Si ribadisce ad nauseam che il pubblico ha il diritto di dichiarare, anche col fischio, di non aver gradito la prestazione degli interpreti. Ma ha il dovere di rispettarli nello sforzo comunque terribile che essi compiono. Intonare, pronunciare, fraseggiare, respirare, deglutire, recitare, sotto i riflettori, spesso non riuscendo essi ad ascoltarsi a vicenda né ad ascoltare l' orchestra: situazione da acustica della Scala. I fischi durante la recita sono quanto di meno sportivo, di più sleale possa concepirsi: giacché, vogliano o non vogliano, hanno il risultato obiettivo d' in flui re sulla prestazione stessa, peggiorandone il risultato.
4 - Il buon direttore d'orchestra non consente che il cantante esegua bis, pur se sollecitato da «dolce violenza» da parte del pubblico. Gli specialisti in «dolce violenza» sono isterici o famigliari, in senso lato, dell'interprete stesso. Ma il buon direttore deve «sentire» la sala. Un capo-claque che si rispetti, e all'epoca di Berlioz anche la jeteuse de bouquets, deve conoscere la partitura quanto il direttore: è valido anche il reciproco. Non soffochi, il direttore, l'applauso spontaneamente sorto dopo la Cavatina dando rabbioso attacco all'orchestra per il collegamento colla Cabaletta: ma non resti imbambolato o servile ad attendere applausi dopo la Cavatina che in diversa circostanza non giungeranno.
5 - Il tema dell'abbigliamento e, più in generale, dell'aspetto esterno, ch'è un messaggio, degl'interpreti, in particolare dei direttori d'orchestra, basterebbe per un libro. Qui lo sfioriamo appena. Il senso dell' opportunità, che le nostre nonne chiamavano dell'à propos, della dignità (son maintien) essendosi del tutto perduto, non esistono più punti di riferimento obbiettivamente validi. A un'esecuzione della solennissima e funerea Messa in Fa minore di Bruckner ci toccò vedere le soliste di canto indossanti gonne con spacco fino all'inguine, trucco, con rispetto parlando, da travestiti di circonvallazione esterna; e da queste partiva un olezzo marzolino di deodorante ascellare che, invadendo la sala, induceva all'ammirazione per il celebre maestro a pochi centimetri eroicamente sul ponte di comando. Naturalmente del direttore cale assai di più. Un tempo, il frac era un abito di società; oggi dovrebb'esserlo ancora per rispetto alla musica e all'occasione festiva («festa» ha un'etimologia religiosa, come tutti sanno) del concerto o della rappresentazione. Lo portano come un costume teatrale, da pagliaccio. [...] La rinuncia al frac per certi melancolici completi di «Tasmania» a tre quarti, o sette ottavi (nulla a che vedere col Valzer della Patetica, ch'è in cinque quarti), è rimedio peggiore del male.
I capelli siano l'ultimo punto dedicato ai direttori d'orchestra. Per molti di loro sono strumento professionale: ciò basta a qualificarli come Dulcamara. E' incredibile il numero di maestri che, della più varia origine sociale, si tagliano i capelli come i protagonisti dei serials americani, laccati e permanentati, o come gli armanizzati «coatti» dei ghetti-periferia. Con ciò ribadiscono il messaggio: «rappresento in luogo di essere». [...]
Corriere della Sera, p. 31, 29 agosto 2001
venerdì 7 novembre 2008
Ritratto di musicologo in video
Il Professor Wolff racconta come ebbero inizio le sue ricerche su Bach da studente, in preparazione della tesi: le fonti su cui lavorò sono il catalogo di Carl Philipp Emanuel, successore di Georg Philipp Telemann ad Amburgo, morto nel 1789, la cui vedova ne aveva pubblicato il catalogo della libreria musicale e della collezione di ritratti.
Il figlio di Carl Philipp Emanuel vendette tutto ad Abraham Mendelssohn (padre di Felix Mendelssohn) il quale donò a suo avolta l'inestimabile tesoro alla Sing-Akademie di Berlino: questo è sparito durante la Seconda guerra mondiale.
Si può ascoltare come va a finire la vicenda dalla viva voce di Wolff sul sito athome.harvard.edu in una lezione in 9 puntate della durata complessiva di poco più di un'ora.
giovedì 6 novembre 2008
La lingua delle origini. Poeti e filosofi
Giovedì 6 novembre 2008 ore 9,30
Archivio di Stato
Presiede e introduce Giuliana Ferreccio
ore 9,45
Franca D’Agostini (Parma)
Divergenze filosofiche e resistenze linguistiche
ore 10,15
Anna Battaglia (Torino)
Da Rousseau a St. John Perse: la lingua “sans graphie où court l’antique phrase humaine”
Ore 10,45-11: pausa
ore 11
Giuliana Ferreccio (Torino)
“Do not move / Let the wind speak”: Pound e il Paradiso
ore 11,30
Marina Giaveri (Torino)
Paul Valéry: “aux sources du poème”
ore 12: discussione
Giovedì 6 novembre ore 15
Sala Lauree
Presiede Gianni Vattimo
ore 15,30
Marlène Zarader (Montpellier)
L’origine entre mythe et critique
ore 16
Peter Gossens (Bochum)
Der Atem des Übersetzers. Zu Paul Celans performativer Poetik
ore 16,30-16,45: pausa
ore 16,45
Giulio Schiavoni (Vercelli)
La lingua del Paradiso e le lingue degli uomini nella riflessione di Walter Benjamin
ore 17,15
Chiara Sandrin (Torino)
La parola non pronunciata. Heidegger e Trakl
Ore 17,45: discussione
Venerdì 7 novembre ore 9.30
Sala lauree
Presiede Chiara Sandrin
ore 9.30
Roberto Gilodi (Torino)
Origine e antropologia letteraria. Herder e Moritz.
ore 10
Carla Vaglio Marengo (Torino)
Joyce: il gesto
ore 10,30-10,45: pausa
ore 10,45
Davide Racca (Torino)
La pittura primitiva di Monet e Cézanne: un
confronto
ore 11,15
Fedora Giordano (Torino)
Lingua delle origini e poesia nativa americana: Simon Ortiz
ore 11,45: discussione
Sarà disponibile la traduzione degli interventi in lingua straniera