Piero Violante, Eredità della musica. David J. Bach e i concerti sinfonici dei lavoratori viennesi (1905-1934), pp. 227, € 16, Sellerio, Palermo 2007
L’arco temporale preso in considerazione dall’autore va dalla fine dell’Ottocento al 1934; questo periodo rappresenta una cesura fondamentale per tutta la cultura del Novecento, perciò il saggio si presenta denso e intriso di riferimenti non solo alla storia della musica, ma anche all’arte, alla storia sociale e culturale.
L’arco temporale preso in considerazione dall’autore va dalla fine dell’Ottocento al 1934; questo periodo rappresenta una cesura fondamentale per tutta la cultura del Novecento, perciò il saggio si presenta denso e intriso di riferimenti non solo alla storia della musica, ma anche all’arte, alla storia sociale e culturale.
I concerti sinfonici dei lavoratori viennesi fra il 1905 il 1934 sono l’argomento del libro, incentrato sulla complessa figura di David J. Bach (1874-1947), promotore delle stagioni concertistiche per gli operai e successore di Josef Scheu come titolare della critica musicale dell’«Arbeiter Zeitung», quotidiano del partito socialdemocratico austriaco.
Nello scorrere l’indice del libro si possono individuare due aree tematiche legate fra loro, che ne formano l’ossatura: nella prima, di carattere storico-filosofico, l’autore presenta il milieu sociale e culturale in cui germinerà l’esperienza dei concerti per i lavoratori; nella seconda si trova invece l’analisi delle stagioni sinfoniche, suddivise in tre decadi: dal 1905 al 1918, dal 1918 al 1926 e dal 1926 al 1934. Vi sono anche due interpolazioni che spezzano il ritmo delle stagioni, e nel medesimo momento ne sono, però, una prosecuzione parallela, perché riferiscono di due esperienze contigue ai concerti per lavoratori: la prima è rappresentata dalla fondazione della rivista «Der Strom» e la seconda è L’utopia mancata del coro recitante (Sprechchor).
I concerti per i lavoratori sono «il grandioso tentativo, da parte della socialdemocrazia e dei teorici dell’austro-marxismo, di fare del proletariato l’erede della tradizione musicale viennese e, attraverso questo, erede della cultura classica tedesca»; tale tentativo riesce solo in parte, perché l’avanzamento dell’austro-fascismo spianò la strada all’Anschluss.
Un tale argomento è in sé interessante, ma può risultare altrettanto insidioso per la quantità di soggetti ad esso correlati; Piero Violante gestisce molto bene il materiale magmatico che ha scelto di trattare e riesce a plasmarlo secondo una forma fruibile, grazie anche al sostegno di un nucleo corposo di note, che talvolta diventano un libro nel libro.
Quando si giunge alla fine della lettura si è pervasi da una sensazione di completezza dovuta alla prosa scorrevole da una parte strettamente connessa a una chiara formulazione dell’argomento. I concerti sinfonici per gli operai viennesi diventano così, grazie anche al coinvolgimento di più campi del sapere, il punto di partenza per una più ampia riflessione sul mutamento della società avvenuto in quegli anni.
Marida Rizzuti
Liberamente tratto da L’Indice dei Libri del mese, Luglio/Agosto 2008, p. 34
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