Ecco la mappa, da Google maps.
giovedì 29 gennaio 2009
La biblioteca della Corte riapre le sue porte
Ecco la mappa, da Google maps.
martedì 27 gennaio 2009
Convegno al Teatro Regio
Non dimentichiamo...
lunedì 26 gennaio 2009
Un volantino di protesta
c'è anche un sito salviamoiteatri.net
A chi interessa la vita sessuale di Schubert?
La fabbrica di violini
domenica 25 gennaio 2009
Centenario della prima rappresentazione dell'Elektra di Strauss
Strauss ha da poco concluso la partitura quando un giornalista del New York Times lo raggiunge nella sua dimora di Garmisch-Partenkirchen.
"Quando Richard Strauss ha incominciato a cercare un luogo dove costruire la sua dimora estiva, la sua scelta è caduta su Garmisch, uno dei più belli e pittoreschi villaggi dell'Alto Tirolo nella sua terra natia, la Baviera [in realtà non si trova nell'Alto Tirolo].
La sua casa è in effetti il suo castello, e nessuna fortezza dell'età feudale potrebbe conservarla più gelosamente di quanto non facciano i cancelli della sua tenuta. Chiusa da una fitta siepe, con cancelli di ingresso in solido ferro, a ogni turista inquisitorio viene impedita la vista...".
Pubblichiamo l'intervista per intero a questo link
sabato 24 gennaio 2009
Petizione per la Biblioteca Nazionale di Torino
giovedì 22 gennaio 2009
Les Contes d’Hoffmann di Offenbach, prove e conferenza
RICCARDO MORELLO dell'Università di Torino
terrà una conferenza su
È previsto l’ascolto di brani musicali
mercoledì 21 gennaio 2009
Cos'hanno in comune...
Cos'hanno in comune le arpe e i nonni? E cos'hanno in comune le prime 21 sinfonie di Mozart e la Suite dell'Uccello di fuoco di Stravinskij? Forse Amazon potrà darvi la risposta.
Anche molti altri siti di commercio elettronico, prima di concludere un acquisto, offrono agli utenti gli abbinamenti più diversi: "Chi ha letto I tre moschettieri di Dumas, ha anche letto L'Ussaro di Perez Reverte", "Chi ha comprato un paio di occhiali da sole, ha anche acquistato una crema dopo sole", ecc. Le proposte sono fatte in base a categorie molto generali di appartenenza del prodotto e in base a statistiche.
Tornando al nostro acquisto, si tratta semplicemente di un caso oppure effettivamente chi apprezza le prime sinfonie di Mozart ascolterebbe con piacere la Suite di Stravinskij? Aspettiamo i vostri commenti e le vostre idee al solito indirizzo.
PS: i primi a inviarci i loro commenti avranno in regalo la risposta al primo quesito.
martedì 20 gennaio 2009
Opere/Opera e libretti on line
link alla musica da camera:
www.dlib.indiana.edu/variations/scores/chamber
qui invece la musica vocale
Infine: una raccolta di libretti d'opera Di cose un po'
sabato 17 gennaio 2009
La belva e l'amore negato
Siete tutti invitati!
venerdì 16 gennaio 2009
L'acqua in Schubert
Il tema del viandante: «Ich komme von Gebirge her; / es dampft das Tal, es braust das Meer. / Ich wandle still, bin wenig froh, / und immer fragt der Seufzer: wo?» (Io vengo dalla montagna, è nebbiosa la valle, è in burrasca il mare. Vagolo silenzioso, son poco lieto, e sempre chiede il mio sospiro: dove?) tornerà, ora come disegno musicale, ora come motivo poetico delle liriche prescelte, ora come programma o «stigma», nel corso di tutta l’opera schubertiana. Il vagare senza meta, o verso una meta che si sa irraggiungibile, la ciclicità indotta da partenza e ritorno, desiderio di fuga, esperienza di viaggio formativo accompagnata da nostalgia della casa avita, stanno a indicare il percorso dolente della vita il cui termine è la morte. Tutto ciò è simboleggiato anche nello svolgersi degli eventi naturali, in particolare è evidente nel motivo del ruscello, e troppo nota è l’attenzione che Schubert porta alla Natura, in tutte le sue manifestazioni, ivi compresa ovviamente quella umana, perché ci si debba diffondere oltre su tale tema. Basti notare che la Natura è contrassegno costante nell’opera del Maestro.
Ma altrettanto sorprendente è il fatto che, dei quattro elementi empedoclei, quello che ricorre con incredibile (e commovente) frequenza è l’acqua. L’acqua nei suoi tre stati di aggregazione, nel suo modo d’apparire ai nostri sensi, nei suoi multiformi aspetti e nei suoi variegati riferimenti all’animo umano. Anzitutto il ruscello, ma anche la fonte, le sorgenti, il fiume, la cascata, l’abisso spumeggiante, il lago, il mare, il gorgo, eppoi la pioggia, la brina, la neve, la tormenta, il ghiaccio, le nubi, le lacrime. Cercare il motivo di tale predilezione sarebbe impervio, fatica certo non inutile, che rimanda però alla felice similitudine agostiniana del fanciullo che ambisce vuotare il mare con un cucchiaio. Inoltre esporrebbe all’obiezione che i testi di un centinaio e oltre di Lieder in cui ricorre il tema dell’acqua sono opera di poeti austro-tedeschi, precedenti o contemporanei, comunque estranei al compositore.
L'intervento continua su users.unimi.it (sito da cui è stato liberamente tratto)
[1] Mario Bortolotto, Introduzione al Lied romantico, Adelphi, Milano 1984;
Carlo Lo Presti, Franz Schubert, Il viandante e gli inferi. Trasformazioni del mito nel Lied schubertiano , Casa Editrice Le Lettere, Torino 1995;
Luisa Mennuti, L’orma del viandante. Franz Schubert: la scrittura del tempo, Edizioni dell’Orso, Alessandria 1998
mercoledì 14 gennaio 2009
Illuminismo musicale
illumismo nella musica
lunedì 12 gennaio 2009
Neefe, Beethoven e gli Illuminati: dov'è la notizia?
La stessa Società di lettura che nel 1790 commissionò a Beethoven la Cantata per la morte di Giuseppe II. Beethoven ebbe allora contatti con la massoneria a Vienna?
Ci viene di nuovo in aiuto Basso: "il nuovo imperatore Francesco II ottenne con la Dieta di Ratisbona nel 1794 la soppressione della massoneria e delle altre società segrete" (Basso, p. 436). Però anche Haydn e Schuppanzigh erano massoni!
Basso ammette comunque, molto più cautamente degli articoli sopra citati, che: "l'impulso a voler mettere in musica l'ormai ben nota ode non dovevano essere estranee le relazioni che Beethoven aveva intrattenuto, e ancora intratteneva, con alcuni circoli massonici: dell'Ordine aveva fatto parte il primo maestro di Beethoven a Bonn, Neefe", (Basso, p. 435).
Se volessimo sostenere la vicinanza e la simpatia di Beethoven verso i liberi muratori, l'unico dato sicuro, perché restano alcune lettere - ed è sempre Basso a informarci -, non dovremmo tirare in ballo Neefe, ma scomodare l'amico Franz Gerhard Wegeler, che tornato a Bonn, dopo aver studiato a Vienna, aveva provveduto - con alcune modifiche al testo di Matthison - a far diventare l'Opferlied il canto della loggia massonica di Bonn.
ILLUMINISMO MUSICALE
domenica 11 gennaio 2009
Composizione di un'orchestra sinfonica
Per capire "come funziona" l'orchestra (essenziale per accostarsi alla musica sinfonica) ci proponiamo di illustrare, attraverso uno schema, una delle disposizioni possibili che si possono trovare sul palcoscenico: la sezione gialla indica timpani e percussioni, la sezione azzurra ottoni, la sezione verde i legni, quella viola gli archi; sul podio il direttore d'orchestra.
N.B.: La posizione dell'ottavino è alla sinistra dei flauti (guardando dal punto di vista del direttore).
giovedì 8 gennaio 2009
Perorazione per Richard Strauss, parte II
Col passare degli anni, diminuì in Strauss il desiderio di avvincere l'ascoltatore con l'equivalente musicale di un'intricata trama romanzesca; una volta concluso il periodo dei poemi sinfonici, cominciò per lui quello che fu dapprima un timido idillio con lo style galant e poi un ritorno sempre più appassionato a quel clima di rinascita e rivalsa del linguaggio tonale che aveva dominato le generazioni preclassiche. Ho sempre pensato che il momento cruciale della carriera di Strauss coincida con uno dei suoi lavori meno spettacolari e meno noti, almeno nell'America del Nord: Ariadne auf Naxos. Pur non essendo né la più brillante, né la più suggestiva, né la più gradevole fra le opere liriche di Strauss, l'Ariadne è quella in cui compaiono per la prima volta le caratteristiche che possiamo ora annoverare fra le più tipiche della maturità del maestro. (È forse curioso rilevare che questo giudizio, opinabile quanto si vuole, riguardi una composizione scritta nel 1912, lo stesso anno del Sacre du printemps di Strawinsky e del Pierrot lunaire di Schoenberg). L'Ariadne conferma in modo definitivo un sospetto che doveva correre già da un pezzo sul conto di Strauss, e cioè che egli fosse nel suo intimo, se non un neoclassico, certamente un romantico con spiccate tendenze razionalistiche. Dall'Ariadne in poi le sue trame musicali diventeranno sempre più trasparenti, mentre il vigore e la saldezza del suo linguaggio armonico saranno ancora più ammirevoli. Strauss amò sempre considerarsi una specie di Mozart del Novecento, e questa sua ambizione non appare del tutto infondata: molte opere della sua maturità e della sua vecchiaia, dall'Ariadne a Die schweigsame Frau, sono effettivamente contraddistinte da quell'incantevole limpidezza che ne fa a mio parere le più valide espressioni dell'istinto neoclassico. Così la preoccupazione straussiana di conservare intatta la funzione tonale trova ancora una volta non solo un rifugio ma un punto di partenza.
Non voglio insinuare che Strauss non ebbe mai a patire di quel terribile evaporare dell'ispirazione che tormenta l'inconscio di ogni artista. Ho sempre considerato tutto sommato giustificate le preoccupazioni espresse sul suo futuro artistico subito dopo la prima guerra mondiale; il decennio successivo fu certamente il meno fecondo della sua vita, e la sua produzione di quel periodo, pur essendo come sempre di altissimo livello tecnico, non è nemmeno lontanamente paragonabile alle conquiste degli anni precedenti. Strauss, naturalmente, usando del privilegio, comune ai compositori e ai genitori, di eleggere a proprio favorito il figlio non desiderato, giurò fino alla morte che il suo capolavoro lirico era Die Frau ohne Schatten, chiedendo con insistenza ai maggiori teatri di metterla in cartellone. Giunse perfino a dichiarare che la sua salute non gli consentiva di dirigere il Rosenkavalier, perché troppo lungo, ma che sarebbe stato felicissimo di dirigere Die Frau ohne Schatten (che è leggermente più lunga). Le opere della sua maturità, come quest'ultima, non sono certo prive di pregi, ma mancano ai nostri occhi di quella miracolosa inevitabilità che nelle opere giovanili (e anche in quelle degli ultimi anni) legava la prima nota all'ultima e faceva sì che ognuno degli ingegnosi procedimenti tecnici adottati fosse non un fine ma soltanto, e a ragione, un mezzo.
Giungiamo così all'incredibile seconda giovinezza artistica di Strauss, vale a dire alla scorrevolezza, al calore, all'infinita suggestione dei suoi ultimi lavori. Questa rinascita della sua ispirazione creativa è certamente uno dei maggiori prodigi di cui abbiamo potuto essere testimoni. Si potrebbe forse arrischiare un paragone con le ultime opere di Beethoven, ricordando che anche queste furono precedute da un arido deserto d'inazione dal quale Beethoven emerse per ritrovare non soltanto il passo sicuro della sua giovinezza ma anche un linguaggio con cui esprimere la profondità di pensiero della sua maturità. Credo che anche nelle ultime opere di Strauss si possa ammirare l'unione di un pensiero filosofico con la tecnica consumata che ne è l'indispensabile completamento. In quasi tutte queste opere la tendenza giovanile di Strauss a celebrare attraverso le tecniche dell'arte la vittoria dell'uomo sulla materia, ad esaltare il personaggio esistenziale che non esita a scagliarsi contro il mondo intero, ad essere, in altre parole, l'eroe di Ein Heldenleben, mi sembra trascesa, anzi domata, da una maestria tecnica che non ha più bisogno di dimostrare la propria eccellenza o di sfoggiare la propria maturità, ma che è ormai inscindibile da quella rassegnazione suprema che è l'estrema conquista della saggezza e della vecchiaia. A parte gli ultimi quartetti di Beethoven, non mi vengono in mente musiche che evochino la luce trasfigurante della suprema serenità filosofica con maggior perfezione delle Metamorphosen o del Capriccio, scritti entrambi quando il maestro aveva superato i settantacinque anni. Anche queste opere della vecchiaia sono ricche della straordinaria fantasia armonica che fu sempre tipica di Strauss; ma mentre in passato essa poggiava sulla base concreta, solida e sicura della semplicità metrica, ora appare a tratti incerta, a tratti ribelle, a tratti volutamente asimmetrica, rispecchiando con efficacia lo stato d'animo di chi ha conosciuto gravi dubbi ed è pervenuto a una certezza, di chi ha messo in discussione la stessa attività creativa e ne ha riconosciuto la validità, di chi ha esplorato i molteplici aspetti della verità.
Mi domando tuttavia se il confronto con Beethoven sia davvero illuminante. In realtà gli ultimi quartetti beethoveniani scavalcano virtualmente l'intero periodo romantico per diventare l'anello di congiunzione con le tensioni e le complessità tematiche della generazione di Schoenberg; l'ultimo Strauss, invece, almeno se considerato secondo le prospettive di oggi, non sembra certo suggerire alcun superamento stilistico delle generazioni successive. Se il mio giudizio è esatto, egli ha semplicemente dato una conclusione logica e vibrante alla propria esistenza creativa, senza indicare nuove mete per l'avvenire. E questo è, a mio parere, il motivo per cui è stato così sottovalutato dalla mia generazione.Nemmeno la mia grande ammirazione per Richard Strauss mi indurrà mai a sostenere che le sue opere eserciteranno un'influenza determinante sulla musica del futuro. Ma in che cosa consiste realmente l'influenza di una generazione su un'altra? Nella semplice conservazione di analogie stilistiche entro un panorama storico in continua trasformazione? Ma non potrebbe anche consistere nell'esemplarità di una vita in cui si è compiutamente realizzato un disegno artistico? Certo Richard Strauss ha ben poco da spartire col ventesimo secolo, così come lo conosciamo noi: egli non appartiene all'età dell'atomo più di quanto Bach non appartenga all'epoca dei lumi o Gesualdo all'epoca d'oro del Rinascimento. Qualunque criterio estetico e filosofico si scelga, Strauss non è stato un uomo del nostro tempo. E davvero concepibile che Die Frau ohne Schatten sia andata in scena per la prima volta negli Anni Venti, l'epoca tumultuosa dell'inflazione e del ragtime? [In realtà Die Frau fu composta nel secondo decennio del secolo e rappresentata per la prima volta nel 1919]. È possibile che Capriccio, crepuscolare omaggio a un calmo mondo di cortesia, eleganza e cultura sia nato nel 1941, quando il nostro mondo era in preda alla furia della guerra. Ciò che è soprattutto esemplare nella musica di Strauss è il fatto che essa rappresenti concretamente la trascendenza di ogni dogmatismo artistico, di ogni problema di gusto, di stile e di linguaggio, di ogni frivolo e sterile cavillo cronologico. È l'opera di un uomo che arricchisce la propria epoca perché non le appartiene, e che parla per ogni generazione perché non s'identifica con nessuna. E una suprema dichiarazione di individualità: la dimostrazione che l'uomo può creare una propria sintesi del tempo senza essere vincolato dai modelli che il tempo gli impone.
mercoledì 7 gennaio 2009
Perorazione per Richard Strauss, parte I
La mia passione per Ein Heldenleben, nata per merito di Willem Mengelberg, quando avevo diciassette anni, non è a tutt'oggi ancora sbollita, malgrado una paziente attesa di dodici anni, e temo che ormai non sbollirà più (che sia una prova della capricciosità del mio processo di maturazione?).
A prima vista quest'affermazione può sembrare sorprendente, dal momento che Strauss non è mai stato eseguito con maggior frequenza o devozione di oggi; ma non mi riferisco a quei maghi teutonici della bacchetta che ogni sera si librano a volo sopra le nostre teste per raggiungere Zarathustra sulla sua montagna, né alludo alle smaliziate dive della scena lirica per le quali non esiste cimento più arduo né successo più garantito della parte di Crisotemide o della Marescialla. Mi riferisco invece allo snobismo di coloro che, nell'ambizione di plasmare il gusto musicale, si affrettano a relegare il vecchio Strauss nel cimitero dei romantici, definendolo un grande personaggio dell'Ottocento che ha avuto l'ardire di sconfinare per cínquant'anni nel Novecento.
Stando a chi detta legge nel campo del gusto musicale, l'evoluzione artistica di Strauss non si sarebbe prolungata per tutto l'arco della sua vita ma si sarebbe arrestata al primo decennio di questo secolo. Questi critici non negano sempre ogni valore alle sue composizioni giovanili; alcuni sono persino in grado di fischiettare qualche tema dei suoi poemi sinfonici e molti riconoscono le qualità drammatiche dei suoi primi grandi successi operistici, la grazia e l'audacia del Rosenkavalier, il clima angoscioso di Elektra. Ma quasi tutti sembrano convinti che Strauss, dopo essersi presentato per un quarto di secolo come un capofila dell'avanguardia, sia stato colpito verso i quarantacinque anni da un isterilimento della vena creativa che sarebbe durato fino alla sua morte.
Sarà stato un capriccio del destino, mi chiedo, a far sì che il momento nel quale viene posto (con l'accuratezza del senno di poi) il suo abbandono della retta via corrisponda quasi esattamente all'inizio della più significativa rivoluzione (o riforma, se preferite) della musica contemporanea, vale a dire alla nascita del linguaggio atonale? O è pura coincidenza il fatto che anche i più avvertiti collochino l'apice della sua carriera proprio quando altri compositori stavano per infrangere il muro del suono dell'armoma tonale, e che, quando egli espresse il suo rifiuto della nuova estetica, gli arbitri del gusto e i battistrada della moda vedessero in lui solo un uomo che cercava nostalgicamente di ripetere i successi della sua giovinezza?
La generazione, o meglio le generazioni sorte dopo i primi anni del nostro secolo hanno identificato il più grave errore di Strauss nella sua mancata partecipazione attiva alle innovazioni tecniche del suo tempo. Secondo loro Strauss, dopo essersi creato un linguaggio inconfondibile e averlo usato inizialmente con tutta l'esultanza delle grandi avventure, sembrò fermarsi sulla via del progresso tecnico, limitandosi a ripetere con monotonia quello che aveva detto con tanto maggior vigore e chiarezza nel pieno rigoglio della sua gioventù. Per questi critici è inconcepibile che un uomo così geniale non abbia desiderato contribuire all'arricchimento del linguaggio musicale, che un autore cui la sorte aveva concesso di scrivere dei capolavori ai tempi di Brahms e Bruckner e di sopravvivere a Webern fino a vedere l'epoca di Boulez e Stockhausen, non abbia voluto trovarsi un posto tutto suo nella grande vicenda dell'evoluzione musicale. Che cosa si deve fare per spiegare a costoro che l'arte non è tecnologia e che la differenza fra un Richard Strauss e un Karlheinz Stockhausen non è paragonabile a quella fra un'umile addizionatrice da ufficio e un elaboratore IBM?
Mi sembra quindi che Richard Strauss non sia soltanto il più grande musicista contemporaneo, ma anche un personaggio essenziale per quanto riguarda il maggior problema di moralità estetica dei nostri giorni: la tragica confusione cui dà origine ogni tentativo di contenere le insondabili urgenze di un destino artistico individuale entro l'ordinata summa storica della cronologia collettiva. Strauss è molto più dì un comodo punto focale del pensìero conservatore: la sua è una di quelle personalità rare ed intense la cui esistenza è una sfida all'intero processo dell'evoluzione storica.
Durante quei sette decenni di attività, la caratteristica più spiccata della produzione di Strauss fu sempre la straordinaria coerenza del suo vocabolario. Volendo prendere in esame due casi estremi, si possono confrontare la Sinfonia op. 12, scritta a diciott'anni, e le Metamorphosen per orchestra d'archi, composte a ottantuno; si dovrà riconoscere che nessuna delle due opere contiene procedimenti armonici che non fossero usabili anche nell'altra. Entrambe si servono sostanzialmente di un linguaggio armonico già noto a Brahms, a Hugo Wolf o (sequenze a parte) a Bruckner, ed entrambe presentano una scrittura contrappuntistica che, seppure in modo più evidente nella seconda composizione, ha comunque alla sua radice il convincimento che suo dovere fondamentale sia, pur con gli inevitabili attriti, di sostenere il moto armonico, e non di contrastarlo. Ma nonostante tutte queste analogie, le Metamorphosen evocano uno spazio armonico e contrappuntistico completamente diverso da quello della Sinfonia; entrambe recano inoltre l'impronta di una personalità che non può in alcun modo essere confusa con quella di un maestro del passato. Mentre le opere dell'adolescenza di Strauss, come il Primo concerto per corno, comprendono pagine che da un punto di vista strettamente armonico non apparirebbero fuori luogo in una composizione di Mendelssohn o addirittura di Weber, qui bastano pochi secondi per capire che la tecnica, malgrado l'influsso dei maestri del primo romanticismo, è del tutto originale.
Pur essendo giunto all'adolescenza quando Wagner aveva ormai precorso la disgregazione del linguaggio tonale e spinto le possibilità della psicologia armonica a estremi da alcuni considerati il lìmìte stesso dell'umanamente sostenibile, Strauss era, di tutti i composìtori della sua generazione, forse quello che più si preoccupava di sfruttare tutte le ricchezze della tonalità tardoromantica entro i confini della più rigorosa disciplina formale. Per lui non si trattava unicamente di controbilanciare le sovrabbondanti ambiguità armoniche della sua epoca (cui il giovane Arnold Schoenberg reagiva con un'intensa concentrazione tematica); ciò che gli premeva maggiormente era il mantenimento della funzione globale della tonalità, non solo nelle linee essenziali di una composizione ma anche nei suoi più minuti particolari. Basta quindi confrontare una qualsiasi partitura orchestrale della sua giovinezza con un poema sinfonico di Liszt, ad esempio, per notare subito che le composizioni di Strauss, pur apparendo infinitamente più audaci e più traboccanti di fantasia sul piano armonico, sono scrupolosamente esplicite ad ogni livello del loro disegno architettonico e danno perciò un'impressìone di maggiore varietà e insieme di maggiore chiarezza del linguaggio armonico. Abbinando queste immense risorse armoniche a un senso quasi rococò della linea e dell'abbellimento, Strauss riesce a produrre effetti di straordinaria suggestione con mezzi semplicissimì e ingannevolmente familiari. Chi, all'infuori di lui, sa dare a un tranquillo e convenzionale passaggio di quarta e sesta un sapore di godibilissima bizzarria?
Parte seconda
sabato 3 gennaio 2009
Il duello di Capodanno
Venezia / Prêtre : chi ha vinto?
La novità quest'anno è stata la diretta del concerto in streaming sul sito dei Wiener Philarmoniker